Sugli autori, sui critici letterari e sugli attacchi alla persona, veri o presunti...

Sugli autori, sui critici letterari e sugli attacchi alla persona, veri o presunti...
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Molti autori sono suscettibili. Non accettano critiche oppure fanno finta di accettarle, non ne fanno tesoro, non imparano niente da esse oppure le rimuovono dalla mente e si ricordano solo dei consensi. Se è vero che anche un giudizio critico risente di una certa parzialità e non è oggettivo (è in fondo anch'esso un'opinione di una persona competente), è altrettanto vero che nessun autore scrive l'opera perfetta, perché la perfezione non è cosa umana: chiunque quindi è passibile di critiche negative, anche se possono essere frutto di attacchi strumentali, antipatie, addirittura idiosincrasie.  Può anche succedere che un autore sia stroncato da un critico solo perché è allievo di un maestro che non piace al critico suddetto o solo perché un grande autore ha espresso sulla sua opera un giudizio positivo e costui non è ben visto dal critico suddetto: insomma può essere questione di logiche e dinamiche personali e/o di posizionamento, che trascendono lo stesso autore e che un esordiente ignora totalmente. Alcune volte la critica negativa può dipendere da differenze ideologiche o da diverse visioni del mondo oppure semplicemente dal gusto personale del critico, che non ama certi modi di scrivere o certi generi. Alcuni autori quindi, prima di chiedere un parere critico e inviare un libro a un letterato, di solito studiano chi è, cosa predilige, qual è la sua cosiddetta linea di ricerca, etc etc. In realtà si dovrebbe chiedere un parere a più critici possibile, cercando di prendere la parte costruttiva di ogni parere. Bisogna diffidare dei termini elogiativi e delle lodi sperticate, così come bisogna diffidare da chi scrive che siamo dei miserabili o dei poveretti.  Bisogna prendere e portare a casa le critiche negative. La cosa più saggia è prendere la pars costruens di ogni critica, ma anche esaminare la pars destruens. In definitiva bisogna chiedersi se possiamo migliorare certi aspetti della nostra scrittura, se possiamo apportare delle migliorie. Quindi ogni critica deve essere uno stimolo per lavorare ulteriormente su noi stessi. Alcuni autori per cercare di non finire nel giogo delle stroncature cercano di accattivarsi le simpatie dei critici conoscendoli personalmente, lisciando loro il pelo, frequentandoli. Di solito questa strategia ha successo. Inoltre sempre più autori sono blogger o gestiscono siti; sempre più critici letterari sono anche autori. Può accadere quindi che si verifichino degli inciuci, degli scambi di favore, delle recensioni positive reciproche; oppure nelle situazioni peggiori può verificarsi uno scambio di stroncature reciproche. Di conseguenza ecco spiegato perché le critiche negative a un autore vengono fatte in privato, via mail, e non più pubblicamente: c'è tanto da perdere e niente da guadagnare. Ma la cosa che molti autori non riescono a fare è distinguere tra la critica al loro lavoro e la critica alla persona. Non è detto che le due cose coincidano. Il problema di fondo è che la scrittura è diventata sempre più espressione di sé. Se un autore cerca di esprimere sé stesso e cerca di oggettivare i suoi stati d'animo, il critico può dare un giudizio negativo non sull'essenza dei suoi stati d'animo (ad esempio sulla nobiltà di un sentimento amoroso) ma sulla loro descrizione e oggettivazione. Se un autore parla d'amore e il critico scrive che è troppo sdolcinato, non lo fa per condannare il suo sentimento amoroso, peraltro rispettabilissimo,  ma per il fatto che per lui non è riuscito a utilizzare un minimo di distacco e di distanza, requisiti richiesti perché venga riconosciuta dignità letteraria a un testo. Ci sono alcuni autori che, ricevuto un parere negativo, se ne scordano completamente e se ne infischiano anche dell'autorevolezza di quel critico. Alcuni autori fanno spallucce, addirittura mettono in dubbio la competenza del critico oppure condannano totalmente la comunità letteraria.  Capitolo a parte in questo senso meriterebbe la cosiddetta categoria dei geni incompresi, rancorosi e frustrati oltremodo, arroccati nella difesa a oltranza dei loro presunti capolavori.  In questi casi non c'è niente da fare. Per i geni incompresi tutto è bianco o nero: o sei con loro o sei contro di loro.  In questi casi significa che il narcisismo e la vanità sono patologici e che il loro atteggiamento mentale è troppo rigido, troppo chiuso. Alcuni autori credono di aver messo tutto di sé nella loro opera (in realtà il Sé di ognuno è troppo vasto e per buona parte inconoscibile per essere messo tutto in un libro) e si sentono feriti nell'animo quando ricevono un parere negativo.  Chiara Beretta Mazzotta, importante e stimata giornalista e titolare di una nota agenzia letteraria, ha dichiarato a proposito che molti autori sono come bambini, non riescono a tracciare un confine tra la loro persona e la loro opera, non capiscono che la loro opera, una volta terminata, va al di là del perimetro della loro persona, aggiungendo che il successo di un libro non dipende solo dall'autore ma da molti altri attori.  Infine spesso la critica a un libro non riguarda il contenuto ma la forma, la tecnica da affinare, lo stile da maturare. Insomma gli autori devono ascoltare ancora i critici, anche se c'è chi dice che la critica letteraria è morta o moribonda.

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