Due parole sull'evoluzione poetica...

Due parole sull'evoluzione poetica...
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In questi millenni è avvenuta un'evoluzione culturale ma non cerebrale. Abbiamo le stesse capacità intellettive dei cavernicoli Sapiens. Si pensi a come sarebbe difficile per noi vivere su un'isola deserta (creare attrezzi, pescare, cacciare, accendere il fuoco, insomma sopravvivere). H.Spencer scriveva che tutto ciò che è a posteriori per la specie è a priori per l'individuo. Ma aveva totalmente ragione?!? Si può comunque  parlare di progresso scientifico che è sotto gli occhi di tutti. Le conoscenze scientifiche sono cumulative. Questo è indubbio. Per quanto riguarda il progresso etico ci sono state tante conquiste civili, però vanno considerati anche  orrori, guerre, nefandezze varie. Si potrebbe discutere per anni e non ne verremo mai a capo se ci sia stata un'evoluzione morale o se da qualche secolo stiamo utilizzando la tecnologia per ammazzarci più di prima.  Ma si può parlare ad esempio di evoluzione poetica? Nel caso di un poeta singolo è ammissibile. Leggendo le sue opere la critica può rintracciare evoluzione o involuzione, ma a livello generale è molto più azzardato, per alcuni improponibile. Però non sapremmo mai se si tratta di una evoluzione neurolinguistica,  culturale o stilistica del poeta in questione.  Bisognerebbe conoscere la letteratura di tutti i millenni in modo approfondito e non approssimativo per rispondere se ci sia stata un'evoluzione o un'involuzione poetica collettiva.  Ma persino gli studiosi più attrezzati, più capaci, più colti hanno degli interessi e la loro specializzazione.  C'è chi studia la Neoavanguardia e chi la poesia francese del Duecento. Per giudicare bisognerebbe avere un quadro d'insieme che è quasi impossibile avere, anche per gli italianisti migliori. L'unione fa la forza e tutti gli studiosi insieme danno un giudizio collettivo su questo o quel periodo. C'è  chi sostiene che siamo dei nani sulle spalle dei giganti e non commettiamo più certi errori, certe ingenuità degli antichi. C'è chi invece sostiene che non ci siano più grandi capolavori e che stiamo vivendo un declino culturale. Oggi non ci sono più nuovi Dante, nuovi Proust e nemmeno nuovi Montale e Pasolini. Perché? Si potrebbe affermare che il mondo è diventato troppo complesso da rappresentare. Si potrebbe dire che in questa civiltà dell'immagine sono altre le cose che contano. Chi perderebbe anni e anni a scrivere capolavori come  Dante e Proust? Ci sono le esigenze editoriali. La cosa non sarebbe remunerativa. Non esistono neanche più mecenati, re, imperatori e i poeti non possono più essere cortigiani nel vero senso della parola. Che io sappia nel secondo Novecento l'unico che ha impiegato anni e anni a scrivere un capolavoro è stato D'Arrigo con Horcynus Orca. È rimasto nella storia della letteratura italiana,  ma se chiedete a mille persone chi sia stato D'Arrigo,  pochissimi saprebbero rispondere. La verità è che siamo in altre faccende affaccendati,  come ad esempio leggere le ultime dichiarazioni di quell'influencer, di quella popstar, di quella onlyfanser, di quel calciatore.  È così che va il mondo e noi non ne siamo esclusi. Bisogna solo prenderne atto e forse rassegnarsi.

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