Sui gabbiani, il degrado, la poesia

Sui gabbiani, il degrado, la poesia
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Consiglio a tutti di leggere i libri della bravissima professoressa, italianista, scrittrice e poetessa Gilda Policastro, ma ritengo che abbia una certa idiosincrasia per i gabbiani e penso di sapere da cosa derivi.  È vero che i gabbiani possono essere un luogo comune stantio della cosiddetta poesia neolirica.  È vero che i gabbiani possono a pieno diritto essere considerati un luogo comune del poetesse, almeno italico. Ma certa idiosincrasia della Policastro ho il sospetto che sia dovuta piuttosto al fatto che lei vive a Roma, dove per i noti problemi i gabbiani rovistano tra i rifiuti lasciati in strada.  A Roma c'è un'invasione dei gabbiani, che si cibano di scarti alimentari,  che aggrediscono bambini che mangiano gelati, che possono infettare gli uomini con i loro escrementi, etc etc. Forse la Policastro dovrebbe manifestare una certa idiosincrasia nei confronti di Virginia Raggi e per l'eredità che ha lasciato, non per i gabbiani, che sono la conseguenza diretta di certo modo di fare politica e agiscono secondo natura. Dovrebbe scrivere poesie satiriche contro i responsabili di questo degrado, di tale obbrobrio. Non prendiamocela troppo con i gabbiani perché sono creature di Dio. Non prendiamocela troppo neanche con i poeti che utilizzano questa immagine, anche se forse ricorrente. Lo sappiamo tutti cosa è successo quando i marinai hanno ucciso l'albatros,  Coleridge ci ha già raccontato la disgrazia. Ora non uccidiamo i gabbiani, neanche poeticamente, neanche metaforicamente. Meglio una poesia sui gabbiani, anche banale, che nessuna poesia. Possiamo accontentarci anche solo dei gabbiani, in mancanza di meglio. Che hanno fatto mai i gabbiani alla bella Policastro? Certamente la bella italianista sarebbe scusabile totalmente se fosse questo il motivo della sua avversione ai gabbiani e a chi scrive di questi animali.  Il degrado è una delle problematiche della vita romana. È questione comprensibilissima di qualità della vita, per cui la Policastro ha tutta la mia solidarietà.  Capisco che dei gabbiani abbiamo una concezione troppo aulica ed è deludente, se non orrifico vedere i gabbiani, che deturpano Roma, che anzi diventano insieme ai cinghiali il simbolo del degrado della città. Capisco che prima di questo degrado non eravamo abituati a considerare l'animalità dei gabbiani. Ma è un nostro problema interiore, è dovuto a una nostra rappresentazione mentale e non è colpa dei gabbiani o di chi scrive sui gabbiani. È questione di abitudine mentale. Noi per esempio siamo abituati a pensare ai nostri cani come membri della famiglia, ma non siamo abituati a pensarli come coprofagi o come predatori di piccoli animaletti. Quindi non scambiamo l'effetto per la causa. I gabbiani non hanno colpa della situazione romana e neanche i poeti neolirici oppure i poeti della domenica che mettono nelle loro poesie i gabbiani. Tutto può essere poesia. Non ci sono a mio avviso oggetti, luoghi, persone, cose, animali più o meno poetici. Non si può stabilire il dominio del poetabile.  Sarebbe una grande limitazione. Che ne sarebbe dei fiori del male se fossero state stabilite delle imposizioni in questo senso a Baudelaire? Qualcuno potrebbe obiettare che i gabbiani sono dei simboli troppo utilizzati, perfino abusati, e che sarebbe l'ora di rinnovare linguaggi e immagini in poesia. Ma all'arbitrarietà delle immagini scelte si aggiungerebbe l'arbitrarietà di un giudizio critico, che vorrebbe delimitare l'ambito del poetabile. Non sarebbe troppo circoscrivere la poesia in questo senso? Non è forse che la poesia deve essere libertà interiore e il poeta deve essere libero di spaziare, di esplorare? Anche i gabbiani possono essere visti in modo nuovo da un poeta odierno rispetto alla tradizione letteraria. Alcuni poeti contemporanei potrebbero trattare i gabbiani in modo totalmente originale. Scrivendo questo spero che nessuno me ne voglia, non voglio assolutamente criticare la genialità della Policastro, che però talvolta a mio avviso è un poco perentoria, categorica. Ma può anche darsi che mi sbagli totalmente.  Può benissimo darsi che la Policastro individui e rintracci nei gabbiani un simbolo desueto, quasi arcaico, un archetipo che non trasmette più alcun valore, un'evocazione inutile. Sicuramente la professoressa ha tenuto una rubrica di poesia sul quotidiano La Repubblica e sa meglio di me cosa scrivono gli aspiranti, i sedicenti poeti così come quelli autentici. E se usare l'immagine o meno dei gabbiani in una poesia fosse il discrimine per valutare se uno è poeta o meno? E se fosse un modo efficace per valutare il buon gusto personale o meno di un autore? Oppure se fosse al contrario un criterio opinabile e fazioso della critica letteraria? Stabilire cosa sia o non sia poetico, scusate il bisticcio di parole, non è affatto poetico. Sia ben chiaro che non voglio discutere la bravura innegabile della Policastro. E se invece fosse tutto ciò una semplice battuta, una provocazione intelligente della Policastro? E se la Policastro, grande studiosa di letteratura, di neoavanguardia e poesia di ricerca indicasse in modo mirabile  un'evoluzione della poesia  italiana? In fondo qualsiasi critico ha dei criteri, più o meno opinabili. La Policastro senza ombra di dubbio è molto competente e sa il fatto suo. Probabilmente quindi i gabbiani sono un test di poesia totalmente valido per valutare la bravura di un poeta. Tiri la pietra però chi non ha mai usato i gabbiani, almeno una volta sola,  in una sua poesia! Ma la Policastro vuole veramente "degabbianizzare" la poesia? Non è forse simbolo di libertà e di autoperfezionamento "Il gabbiano Jonathan Livingston"? Quel libro non è stato forse poesia per intere generazioni? E allora perché proibire di nominare perfino la parola "gabbiano"? Ritengo che la letterata voglia prenderci in giro, voglia menare il cane per l'aria, voglia prenderci per i fondelli. A ogni modo anche in poesia le regole sono fatte per essere trasgredire, perciò scrivetele e inviatele poesie sui gabbiani. Se i gabbiani provocano ansia, orrore o se ha una fobia poetica nei confronti dei gabbiani la Policastro dovrebbe avere una desensibilizzazione sistematica, ovvero esponetela a quello stimolo poetico nocivo: inviatele cento odi ai gabbiani, scrivetele poesie d'amore paragonandola alla leggiadria di un gabbiano. Sono sicuro che potrà trarne giovamento. Naturalmente sto scherzando e non mi risulta nemmeno che abbia una mail pubblica.  Oppure forse la ragione scatenante di tanta antipatia per i gabbiani non sono i gabbiani ma le centinaia di poesie che già le arrivano sui gabbiani. Non credete che voglia criticare per partito preso la letterata. Discutere di questa sua avversione per i gabbiani non significa assolutamente mettere in discussione la grande cultura e intelligenza della Policastro. Ho già acquistato alcuni suoi libri e mi sono piaciuti molto tutti. Ancora una volta perciò vi consiglio di leggere i suoi libri. Nel frattempo, cosa più importante, spero che venga ridotto  il degrado a Roma.


Così scriveva Vincenzo Cardarelli:


"Non so dove i gabbiani

abbiano il nido,

ove trovino pace.

Io son come loro

in perpetuo volo.

La vita la sfioro

com'essi l'acqua

ad acciuffare il cibo.

E come forse anch'essi

amo la quiete,

la gran quiete marina,

ma il mio destino è vivere

balenando in burrasca."

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