Suddivisione in lotti e clausole di territorialità, sono legittimi?

Suddivisione in lotti e clausole di territorialità, sono legittimi?
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Il Consiglio di Stato (con la sentenza della sez. III, 06 aprile 2020, n. 2293) è intervenuto su due temi rilevanti nell'ambito degli appalti e contratti pubblici:

  • Sulla suddivisione in lotti e relativo sindacato giurisdizionale: «[...] Preliminarmente osserva il Collegio che per costante e pacifica giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, come da ultimo ricordato dalla sentenza n. 1076/2020 di questa Sezione, “sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni Appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie (Cons. Stato, sez. V, 11/01/2018, n.123). Infatti, ancorchè l’art. 51, comma 1, d.lgs. 50/2016 abbia confermato il principio della suddivisione in lotti - già sancito dall'art. 2, comma 1-bis, D.lgs. n. 163/2006 – il secondo periodo della citata disposizione prevede espressamente che "le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell'appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139". Sul punto, pertanto, il Collegio osserva che, tale criterio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili: l’impostazione consolidatasi in giurisprudenza - ribadita da ultimo nella sentenza di questo Consiglio di Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n.2044 - è nel senso che “il principio della suddivisione in lotti può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669) ed è espressione di scelta discrezionale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 16 marzo 2016, n. 1081), che deve costituire una decisione della Stazione Appaltante, “funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza” (in argomento, si veda anche la sentenza di questa Sezione 4 marzo 2019, n.1491)”. [...] Ancora, la sentenza di questa Sezione n. 932/2020 (citata in memoria dall’appellante) ha del pari affermato che “La Sezione non disconosce affatto, da un lato, il carattere eminentemente discrezionale delle valutazioni affidate in subiecta materia alla stazione appaltante e, dall’altro, le connesse implicazioni quanto alle modalità e limiti di esplicazione del relativo sindacato giurisdizionale, avendo a tal fini espressamente evidenziato che “..la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme sopra ricordate del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza”. L'intero impianto dei lotti di una gara non deve dar luogo a violazioni sostanziali dei principi di libera concorrenza, di “par condicio”, di non-discriminazione e di trasparenza di cui all'art. 2 co. 1 d.lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i.(cfr.: cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5224 del 13 novembre 2017). Ciò nondimeno, va qui ribadito che, come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione, anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa sotto i profili della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che della congruità dell’istruttoria svolta”. [...]»
  • la ratio di favorire piccole e medie imprese per la suddivisione in lotti: «[...] La sentenza n. 973/2020 della V Sezione di questo Consiglio di Stato ha del parti ribadito che “Deve quindi concludersi che (es. Cons. Stato, V, 26 giugno 2017, n. 3110; III, 21 marzo 2019, n. 1857) in materia di appalti pubblici è principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale principio, come recepito all'art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016, non costituisce peraltro una regola inderogabile: la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza. Della quale vi è violazione in caso di previsione di lotti di importo spropositato (Cons. Stato, V, 6 marzo 2017, n. 1038) e riferiti ad ambiti territorialmente incongrui”.
  • I limiti di ragionevolezza: «[...] La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha indicato i limiti entro i quali simili clausole possono considerarsi legittime, secondo criteri di ragionevolezza (si vedano, fra le altre, le sentenze della V Sezione n. 2238/2017 e n. 605/2019). Quest’ultima, in particolare, evidenzia l’esistenza di profili di illegittimità legati non all’estensione territoriale, ma alla natura dell’adempimento richiesto (quale condizione per la partecipazione alla gara, e non per la stipula del contratto): “il richiedere il possesso di un’idonea officina sarebbe stato legittimamente esigibile verso il concorrente aggiudicatario definitivo come condizione per la stipulazione del contratto, attualizzandosi in quel momento l’interesse dell’amministrazione a che il contraente abbia a disposizione una struttura per assicurare la continuità del servizio: per converso, la clausola in parola, nella misura in cui richiede a tutti i concorrenti di procurarsi anticipatamente e già al momento della domanda, la disponibilità di un’officina localizzata nel Comune, finisce per imporre a carico dei medesimi un onere economico e organizzativo che potrebbe risultare ultroneo e sproporzionato, obbligandoli a sostenere i connessi investimenti per il reperimento degli immobili idonei in vista di una solo possibile ma non certa acquisizione della commessa, senza che a ciò possa sopperire l’eventuale ricorso all’istituto dell’avvalimento per l’evidente considerazione che l’effettiva operatività dell’istituto dipende non solo dalla decisione della concorrente (che comunque non può partecipare individualmente), ma anche dalla volontà concorde di altre imprese”. [...]».

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