Poesia, vocazione e business...

Poesia, vocazione e business...
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Se scrivi poesie o ti occupi di poesia, la tua è una vocazione senza business. Chi non fa business è un coglione. È tempo perso. I poeti allora sono dei perditempo, a meno che non siano innocui poeti della domenica.  La domanda è: ti puoi veramente permettere di fare poesia? Un'altra domanda conseguente è: ne hai davvero bisogno o è un falso bisogno? Se cerchi gloria, successo, conquiste femminili, denaro, approvazione sociale, hai sbagliato attività.  Lo sanno tutti che carmina non dant panem e allora perché insisti? Oh certo basta un pc al giorno d'oggi e un programma di videoscrittura.  Basta un tablet! Ma non è un'attività remunerativa. I soldi servono per tirare a campare, per vivere bene, per curarsi,  per affermarsi, per godere, per amare, per fare figli.  I soldi servono per arrivare a fine mese. Tutto deve essere utile, funzionale, commerciabile.  Tutto ciò che non rientra in questi canoni non è visto bene, è sospetto, è deleterio, è sovversivo. Se tu scrivi "meglio"  e sei più prolifico di un influencer  o di un cronista, ma loro guadagnano bene e tu neanche un euro, allora loro sono le persone rispettabili e tu un perdente coglione.  E se scrivi su un blog, su una rivista, su una testata online e non guadagni nulla, scrivi gratis,  allora sei un fallito. E se pubblichi un libro a pagamento, allora sei un fallito che non ha trovato una grande casa editrice. Molti pragmatici vedono la tua scrittura come una gran perdita di tempo, come la prova provata che non sai goderti la vita, che non sai vivere. Qualcuno mi fa capire in modo esplicito che la poesia è una grande stronzata per come è concepita oggi in Italia.   Puoi avere anche il senso critico, il senso estetico, un minimo di cultura e l'attitudine, ma sei destinato a fallire. Poesia è, a scanso di equivoci,  rinuncia, è fallimento. Anche i poeti affermati falliscono. Guadagnano bene e sono popolari coloro che pubblicano con Einaudi? Non certo con la loro attività poetica. Si tratta di essere noti in una bolla, al massimo in una nicchia.  Poesia è autorealizzazione senza realizzazione. Però diciamocelo francamente che noi abbiamo il lusso di fare poesia, mentre la barbona che mi chiede degli spiccioli per un panino perché oggi è il suo compleanno (dice sempre che è il suo compleanno) non ce l'ha questo lusso. La verità è che a forza di occuparci di poesia ci impoveriremo e probabilmente non ne vale la pena. La verità è che non siamo ancora stati messi alle strette dalla vita, non siamo ancora poveri (ma probabilmente lo saremo) e si fa bene per ora  a ragionare a stomaco pieno di poesia, di crisi della poesia, etc etc. Cosa realizzi veramente scrivendo? Niente o al massimo solo te stesso, le tue aspirazioni, i tuoi sogni. Che poi molti si sono infatuati da adolescenti del sogno di diventare poeti e, pur maturi e disinnamorati, non vogliono rinunciare a un obiettivo che comunque li fa sentire giovani. La poesia è un sogno da difendere e non si può chiedere a un poeta di essere totalmente realista. Poesia è illusione, suggestione e autosuggestione.  Ma io chiederei ai poeti, veri o presunti: è veramente come credevi? È come ti aspettavi?  Non sei rimasto deluso che questo grande sogno si è molto ridimensionato, è sfumato oppure non si è realizzato? Le aspettative sono state tutte disattese? Ma forse per molti occuparsi di poesia significa rimanere "forever young", forse rimanere aggrappati all'ultima parvenza di un sogno giovanile. Cosa avete concluso? Cosa abbiamo concluso? Abbiamo forse migliorato noi stessi o la poesia del nostro Paese? Forse ci siamo presi un posto che non era nostro, forse abbiamo tolto lo spazio e la voce a chi meritava veramente.  Forse il nostro contributo è stato marginale, infinitesimale. Nessuno può dirlo. Forse qualcuno o qualcosa ci ha rubato un sogno. Forse la vita stessa ci ha tolto la voglia di fare poesia. Forse ci hanno tolto la voglia di fare poesie inimicizie e ostilità tra poeti, veri o presunti.  Forse no.  Nessuno può dirlo. Le opportunità ci sono per tutti, anche se tanti sgomitano. Importante è fare business, anche senza vocazione né attitudine. Trovati un bel lavoro. Oppure cambia passione.  Non l'hai ancora capito? E non lamentarti (anche se qui si lamentano tutti e tutti dicono che non si lamentano mai)! E non sperare nella gloria postuma. Un tempo uno moriva giovane e diventava immortale. Oggi addirittura è così facile che autori che hanno segnato un'epoca siano considerati troppo datati e vengano rimossi, dimenticati, sepolti un'altra volta. E poi della gloria postuma che te ne fai? Quando uno è morto è morto. Non illuderti: la stragrande maggioranza degli autori finisce nell'oblio, nel dimenticatoio,  nella fossa comune.  Ma chi te lo fa fare di scrivere o di occuparti di poesia? E poi per gli accademici e gli italianisti la tua sarà sempre e solo una passione… Troppi galli nel pollaio e pochissimo mangime da beccare. Se vuoi occupartene in modo decente, non riuscirai mai a farci pari e le entrate saranno sempre scarse. E le soddisfazioni? Solo qualcuna intrinseca ogni tanto. Non illuderti. La strada è stretta, tortuosa, molto trafficata, scivolosa e sempre in salita. Forse nessuno arriverà mai alla meta. Questo non lo sapremo mai. Non lo saprà mai nessuno. Eppure la poesia fa parte della natura umana; c'era prima della televisione, del telefono, del computer, dell'intelligenza artificiale, della tecnologia, dell'informatica, di ogni scienza e probabilmente esisterà anche dopo; la poesia è  nata forse con la prima figura retorica del primo uomo, forse con la prima parola pronunciata, forse col primo respiro e morirà sicuramente l'ultimo respiro dell'ultimo uomo sulla faccia della Terra.

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