L'ira rock dei Maneskin.

L'ira rock dei Maneskin.
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Questo è il Rock, questi sono i Maneskin.

Dopo aver spaccato tutto a Sanremo 2021, infrangendo il tabù dei gruppi rock che non hanno mai vinto un Festival (l'ultima canzone vincitore puramente rock fu di un cantante singolo ossia Enrico Ruggeri con la sua "Mistero" nel 1993).

I quattro ragazzi di Roma, tornano con un nuovo disco a tre anni dal pluripremiato "Il ballo della vita". Ieri, venerdì 19, è uscito il loro nuovo disco dal titolo "Teatro D'Ira vol. 1".

‌‌Dimenticatevi quel funk/pop xfactoriano visto in "Chosen" o "Morirò da Re". In questo disco i Maneskin suonano un prog/rock selvaggio e audace con ripercussioni dei gruppi anni 70/80/90. In tanti citano i Led Zeppelin o Nirvana: per me è un azzardo al giorno d'oggi (più avanti chissà), personalmente mi trasmettono suoni e ricordi tra Sex Pistols, Red Hot Chili Peppers ed Aerosmith o anche i nostri Verdena o il gruppo del loro mentore Manuel Agnelli, gli Afterhours. Mica gente qualunque… e quel stile di rock, i Maneskin lo suonano anche bene.

‌‌"Teatro D’Ira vol. 1" presenta una sorta di struttura circolare, ed è considerato come un concept album, in quanto è il primo volume di un progetto che vedrà un altro disco entro il prossimo anno.

Le tracce sono 8 (sei in italiano e due in inglese) e si apre con la sanremese "Zitti e Buoni" e si chiude con il primo singolo "Vent’anni". Due facce dell’essenza di questo disco: la voglia di ribellione giovanile e la malinconica fragilità.

‌‌Di "Zitti e Buoni" ormai la conosciamo. È una canzone arrembante in puro rock stile Sex Pistols con temperamento bestiale, "siamo fuori di testa ma diversi da loro" è l'avvertimento della generazione.

Dopo si passa a quel che per me è il miglior brano del disco: "Coraline". Un capolavoro gothic-rock, una canzone struggente, costruita con grande sapienza dove spesso si cambiano note e tonalità. Parla delle sofferenze solitarie di una ragazza come l'appasimento di un fiore: "E Coraline piange, Coraline ha l'ansia, Coraline vuole il mare ma ha paura dell'acqua e forse il mare è dentro di lei."  Se i ragazzi saranno bravi a sfruttarla può diventare un vero classico e meriterebbe un videoclip in formato cortometraggio come facevano gli Aerosmith nei primi anni 90'.

"Lividi Sui Gomiti" sono tre minuti di rock potente con annessi più vicini agli anni 90, con qualche strofa anche in rap, canzone che parla delle sofferenze avute dai ragazzi in passato con tanto di avvertimento: "A noi il coraggio non ci manca, siamo impavidi. Siamo cresciuti con i lividi sui gomiti."

‌‌‌‌Più limitati invece i due pezzi in inglese, destinati ad un mercato diverso e soprattutto a quello estero: "I Wanna Be Your Slave" un brano alla Franz Ferdinand non coinvolge, mentre "For Your Love" ha la sua potenza, ma è una canzone che ricorda troppo i Maneskin dei precedenti dischi funk/pop.

Si ritorna al rock progressivo con la veloce e ritmata "Nel Nome del Padre" con un testo duro ed autobiografico, scritto appositamente da Damiano e "La Paura del Buio" canzone che tocca anche sfumature da Verdena, dove la band scherza con l'acluofobia che hanno i due membri Thomas ed Ethan.

Il disco si chiude con il primo singolo già certificato 4 volte di Platino "Vent'anni", la ballad di successo che ha fatto da preludio a questo disco.

‌‌"Teatro d’Ira" appunto è il titolo più azzeccato per un disco incazzato e delicato, che suona con potenza effimera, caratterizzato da riffoni di chitarra e una sezione ritmica agile che si amalgama alla grande con la voce di Damiano, tipica da frontman anni 70': Il disco è promettente e soprattutto ben riuscito.

82 anni in quattro di loro e questo rock progressivo i Maneskin lo suonano molto bene e fanno sul serio. Farà da spartiacque per la loro crescita e la strada per i quattro ragazzi è quella giusta.

‌‌Voto: 7.5

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