Donne in viaggio sulla Luna e Barbara Palombelli.

Donne in viaggio sulla Luna e Barbara Palombelli.
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Nel 1857 alla direzione dell'Osservatorio astronomico di Capodimonte a Napoli c'è un personaggio oggi quasi per niente conosciuto, Ernesto Capocci. Solo negli ultimi anni il suo nome è stato sentito raramente su alcune piattaforme grazie ad un curioso scritto ritrovato casualmente nel 2015 conservato nei depositi della Biblioteca Nazionale Sagarriga Visconti Volpi di Bari. Lo scritto in questione si intitola "Viaggio alla Luna fatto da una donna. L'anno di grazia 2057".

Sì, è forse uno dei primi racconti scientifici napoletani a vedere una protagonista femminile, Urania, che in barba al pensiero dell'epoca sulle donne, spiega, spesso usando complessi tecnicismi, il viaggio che lei e altri suoi colleghi compiono per atterrare sulla Luna.

La particolarità è inoltre data dal fatto che l'autore colloca gli accadimenti in una fascia temporale che probabilmente a lui sembra distantissima e che per noi invece lo è molto meno cioè il 2057. Capocci dà quindi prova di una spiccata capacità immaginifica e creativa. Lui è nel 1857 ma vive già nel 2057, duecento anni dopo, tanto da poter immaginare che un vaggio sulla luna (che non è il primo!) sia effettuabile senza insormontabili problemi e che la stessa non sia un luogo abitato da strane creature, anzi non solo non ne nomina ma addirittura non sa se ve ne siano in altre parti dell'universo.

In ogni caso, è davvero curioso e interessante pensare che un uomo di quasi duecento anni fa cresciuto e vissuto in un clima sociale, politico ed econimico in cui le donne erano viste più come oggetto che come soggetto, sia riuscito a concepire un tale pensiero innovativo.

Va di sicuro messo a confronto con coloro, uomini e donne, che nel 2021 credono ancora che il raptus violento e/o omicida di un uomo nei confronti di una donna non possa dipendere solo ed esclusivamente da un serio problema culturale ma che anche la donna spesso porti l'uomo ad un livello di esasperazione tale da giustificare un femminicidio o uno stupro (ciò in rif. al discorso della conduttrice Barbara Palombelli nel programma tv "Forum" su rete 4; 09/2021).

Cos'è quindi che molti di noi abbiamo in comune con Capocci? Di sicuro la certezza di vivere in un tempo che è ancora difficile da sopportare soprattutto se sei donna, nerə, omosessuale, disabile, transgender e non rientri nei canoni di bellezza stabiliti da una società che ricorda di essere tale, forse, solo quando si riunisce in uno stadio ma che lo dimentica quando è il momento di contrattare e aggiornare le leggi in base ai cambiamenti della società così da permettere a tutti parità di diritti e di doveri.

E invece cos'hanno molti in comune con la Palombelli? Di sicuro un metodo di comunicazione errato e la tremenda perché radicata regola (in senso monastico e quindi comportamentale) di inseguire un ideale precedente anche agli anni sessanta del Novecento che vedeva le donne come meri oggetti domestici e sessuali dediti al sacrificio, alla pazienza, al silenzio e alla cura della prole.

Per ritornare al racconto scientifico di Ernesto Capocci: questo non è stato ripubblicato in versione cartacea ma in formato e-book acquistabile sulle principali piattaforme di vendita di libri online.

Possiamo quindi dire che la realtà raccontata da Capocci nonostante sia molto facilmente raggiungibile scientificamente parlando, non lo sia umanamente.

Nel futuro ci si proietta e questo presuppone una capacità di immedesimazione e fantasia che va allenata giorno per giorno, cosa per la quale noi non abbiamo più tempo.

O almeno crediamo di non averne.

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