Un poeta o una poetessa non dovrebbe schierarsi. Dovrebbe essere apartitico/a. È l'unico modo di rimanere fedeli alla poesia, di vivere dignitosamente, di non sporcarsi. Molti/e invece dicono di essere contro, si professano paladini/e della giustizia, scegliendo di essere progressisti, cioè stando all'opposizione. Ma quale opposizione? Quale opposizione, se con il bipolarismo da alcuni decenni vige l'alternanza? Ti vogliono far credere che essere di sinistra sia l'unica verità per chi vuole far cultura. Può anche darsi, ma importante è chiamarsi fuori, rimanere fuori dai giochi. Il problema non è il non expedit, ma che a conti fatti la migliore politica è di non partecipare attivamente alla vita politica del Paese, mossi da un senso di schifo e di sdegno nei confronti della cloaca che è diventato il potere attuale. E non venite a dirmi che i partiti progressisti sono un onesto contropotere perché mentireste a tutti oppure avreste delle fette di prosciutto agli occhi. Schierarsi è un modo molto furbo e scaltro di aspettare il momento buono per essere al governo. Gli stessi e le stesse non fanno altro che citare magari anche a sproposito Pasolini, ma si scordano o fanno finta di scordarsi che Pasolini era comunista ma era contro il partito comunista dell'epoca. Pasolini era antigovernativo e allo stesso tempo all'opposizione dell'opposizione. Essere anarchici è ad esempio un modo per rifiutare il potere e la cooptazione. Infatti non esiste un partito anarchico. Ma qualunque sia l'orientamento politico di un autore, non dovrebbe essere servile. Non dovrebbe aspettare i contentini dei politici che sceglie come punti di riferimento. Anzi non dovrebbe per niente prendere come punto di riferimento nessun politico. Non dovrebbe aspettarsi cattedre, premi oppure le briciole, che i governanti elargiscono. Invece molti si adeguano, frequentano politici e magari si scherniscono sostenendo che sono solo conoscenze utili. Purtroppo la mafia che uccide, spaccia ed estorce denaro non potrà mai essere estirpata fino a quando la classe dirigente non darà il buon esempio e non dimostrerà di avere la coscienza pulita. È il caso di dire che il pesce in questo caso specifico puzza dalla testa. I poeti e le poetesse se fossero veramente coraggiosi e se avessero veramente a cuore la cultura di questo Paese dovrebbero opporsi alla politica istituzionale; tutti insieme dovrebbero coalizzarsi e fare blocco. Mi rendo conto però che questa strada non è fattibile, che è pura utopia. Un autore non dovrebbe mischiarsi con la politica, non dovrebbe avere referenti politici, dovrebbe fare razza a sé. Così facendo ne guadagnerebbe in indipendenza e in onestà intellettuale. Un poeta o una poetessa che si rispetti dovrebbe fare politica scrivendo e dando esempio di libertà, di coerenza nella sua vita. Soltanto chiamandosi fuori può fare testimonianza scrivendo. Dovrebbe imparare a dire di no al potere e ai potenti. Invece ci sono molti autori apparentemente contro ma che in realtà vanno a braccetto coi potenti di turno. Un poeta dovrebbe essere libero, che consiste nel volare alto, nel fare denunce sociali, ma anche nel non compromettersi, rifiutando di fare o ricevere favori. In realtà le cose stanno diversamente perché molti blandiscono i potenti in forma esplicita oppure più velata. Lo so che questo tipo di critica da alcuni verrebbe rigettata a priori, dicendo che bisogna scegliere da che parte stare o che non tutti sono uguali oppure che bisogna scegliere i meno peggio o infine che bisogna credere nell'egemonia gramsciana. Svegliatevi! L'egemonia gramsciana è finita in soffitta da un tempo, insieme alla falce o al martello. L'intellettuale organico oggi non esiste più e al suo posto ci sono i cattedratici che fanno gli estensori dei discorsi dei politici oppure i portaborse. Che i poeti scelgano la via della povertà e dell'onestà come fecero la Merini o Zeichen! Lo so bene che alcuni potrebbero fare questa obiezione: il centrosinistra è l'unica parte politica che ha a cuore la cultura e le persone di cultura. Non mentite a me e neanche a voi stessi. In tutta onestà sono altri i motivi che vi fanno scegliere quella parte politica. E poi il centrosinistra non è lo stesso che corteggia oscenamente popstar e cantautori, mentre considera pochissimo scrittori e poeti? Lo stesso centrosinistra forse oggi non imita il centrodestra nel candidare alle elezioni personaggi del mondo dello spettacolo invece che artisti per acchiappare più voti? La verità a mio avviso è che scegliere un partito, qualunque esso sia, significa fare una scelta opportunistica, utilitaristica e di comodo. Può sempre andare bene per occupare un posto di prestigio culturale, per pubblicare con una casa editrice importante o per trovare un buon posto di lavoro per i familiari. Insomma spesso fare politica più che un atto di fede o una scelta civile/esistenziale è guardare al proprio particolare, unire l'utile al dilettevole. È una questione di puro calcolo individuale. Più che al benessere della collettività si pensa soprattutto a sé stessi. La migliore scelta a mio avviso non sarebbe non scegliere, ma ritenere che, vista la politica italiana, il malaffare e la sua crisi di rappresentanza, la cosa più sensata è di non prendere assolutamente parte a questo teatrino. Ci sono alcuni autori che intrallazzano nell'ombra, che vivono di pubbliche relazioni. Costoro pensano che prostituirsi intellettualmente sia l'unica via per far conoscere la loro arte. Ma se bisogna scendere a questo livello, se un autore deve prestare il fianco alla ruffianaggine, ai ricatti e al clientelismo, allora probabilmente è meglio che non la faccia conoscere per niente la sua arte. Ci sono poetesse che per farsi conoscere sono disposte al compromesso sessuale con il letterato affermato o l'editore importante. Oppure non sta qui il cuore del problema. Forse la domanda da porsi più realisticamente è la seguente: fino a che punto si è disposti a compromettersi col sistema e a sporcarsi? Se tutto è politica, anche non fare politica è un atto politico. A mio avviso il migliore, il più responsabile e coscienzioso. E poi, diciamocela tutta, il contributo di poeti e poetesse oggi è davvero incisivo oppure quasi nullo nella vita politica del Paese?