La realtà è che a nessuno interessa più il romanzo perché è fuori luogo, è un lavoro quasi "inutile". L'unica narrazione che interessa alla gente sono i video porno: infranarrazione, nessuna trama e viene anche eliminata ogni noia (almeno apparentemente) o almeno ogni elemento ridondante, andando subito alla sostanza. Quei video eccitano e creano dipendenza. Purtroppo i romanzi non eccitano e non creano una dipendenza come la pornografia. E la letteratura non può competere con la diffusione della pornografia di massa su Internet, neanche quando è pornografica. Scrivere un romanzo pornografico significa imitare malamente, scimmiottare in modo antiquato i siti di video porno sharing, senza mai eguagliarli nella loro efficacia perché oggi siamo nella (in)civiltà dell'immagine. La lotta è impari. Più precisamente per quel che mi riguarda oggi prevale su tutto l'antinarrazione o per coniare un nuovo termine l'a-narrazione. Non credo in un nuovo ordine mondiale, ma penso che chi comanda ci vuole confusi, smarriti, con un grande caos nella testa e incapaci di riorganizzare le nostre idee. Inoltre chi riesce a riprodurre fedelmente con una concatenazione di fatti e azioni la realtà? Ecco perché l'unica narrazione possibile oggi è l'antinarrazione. La narrazione classica del romanzo non fa più presa sulla realtà, né sulla gente, che dice di non avere tempo per leggere romanzi di qualità e poi passa ore e ore ogni giorno a cazzeggiare sui social o sui siti porno: il tempo ce l'avrebbero eccome, però lo sprecano in altro modo. Riguardo al fatto che la narrazione romanzesca non è più attuale né adeguata va ricordato che diversi intellettuali italiani hanno dichiarato che solo Blob di Enrico Ghezzi può riprodurre veramente la realtà dei nostri giorni. In definitiva tutti o quasi vogliono che al caos si aggiunga altro caos oppure vogliono specchiarsi nel caos, ma non vogliono più chi dia una forma a questo caos e ci metta ordine. Ma poi perché credere in una nuova forma del mondo di un romanziere? Ricordiamoci che oggi è in crisi l'autorialità e gli scrittori hanno perso autorevolezza e per attirare attenzione devono spararla sempre più grossa o cercare di scandalizzare ed essere sopra le righe. Insomma il romanzo non è più al passo coi tempi e alle persone non interessa più. Un tempo inoltre c'erano romanzi che aprivano mondi o ne creavano di fittizi. E oggi? Forse la verità sta a metà: i nuovi narratori non dispongono più della capacità di interessare i potenziali lettori, ma con le nuove tecnologie i romanzi sono antiquati e di un'altra epoca. Forse per varie ragioni c'è stato lo scadimento letterario del romanzo, forse è scemato l'interesse per esso da parte della popolazione. Però si ritorna anche al solito discorso che i romanzi non vengono proposti se non a tarda notte nelle televisioni generaliste e hanno un posto molto marginale nei media: penso davvero che a chi comanda vada benissimo che le persone si acculturino e riflettano il meno possibile con la scusa che loro danno soltanto alla gente quello che la gente vuole. Eppure anche i romanzi dovrebbero stimolare in teoria il nucleo accumbens, ma le persone non sono più educate alla letteratura, che viene sempre più concepita come intrattenimento, come modo di passare il tempo senza sforzarsi troppo. A ogni modo le persone oggi, soprattutto i giovani, preferiscono la masturbazione vera e propria a quella mentale, letteraria. E dello stile ormai non frega niente a nessuno. La mimesi poi non è più mimetica e lo straniamento non è più straniante. Ci sono già i mass media a riprodurre la realtà e a stupire tutti ogni ora. Infine ci sono molti romanzi scritti per una trasposizione cinematografica e quindi per questo motivo "limitati". Ormai vengono considerati noiosi anche i migliori film e le persone comunque preferiscono vedere un film che leggere un libro. Concludendo, non solo oggi il romanzo è in crisi perché è quasi impossibile riprodurre la complessità di questo mondo, come si può evincere dalle tesi di Milan Kundera ne "L'arte del romanzo", ma perché a pochissimi interessa la complessità della realtà oggi. Aveva ragione il grande critico Luperini: nella seconda metà del Novecento siamo passati dalla letteratura della crisi alla crisi della letteratura. Sono pessimista. Punto e basta.