Ancora due parole sulla crisi della poesia contemporanea in Italia...

Ancora due parole sulla crisi della poesia contemporanea in Italia...
}}

La pornografia è stata sdoganata ed è ormai diventata virale, anzi di massa. È diventata di fatto educazione sessuale per giovani e meno giovani. La poesia invece è diventata pornografia. È diventata oscena. Nel nuovo millennio si è registrato questo scambio di ruoli e di funzioni.  Prima di tutto la poesia viene considerata inutile al mondo d'oggi e in questa società pragmatica viene bandito ciò che è considerato inutile. Anzi più nello specifico: vogliono far passare la poesia come inutile perché non è commerciale. La poesia fa paura al potere perché è un atto di libertà, anche se di solito solo interiore. E poi qualche poeta come Hölderlin dimostra di avere un pensiero poetante. Non si sa bene dove inizi, dove finisca e cosa sia questo pensiero poetante (hanno versato fiumi d'inchiostro a proposito e non voglio fare disquisizioni) ma il pensiero fa sempre paura al potere, fanno paura anche i piccoli residui di pensiero dei mediocri poeti. Non solo ma la poesia ha un linguaggio tutto suo, richiede cultura umanistica. Leggere poesia significa riconoscere un'intelligenza diversa da quella solita dell'homo faber e dell'homo oeconomicus. La poesia è un'intelligenza dell'animo, che percepisce cose diverse dell'io e del mondo oppure chiama in modo diverso l'io e il mondo. Inoltre chi scrive poesie mette a nudo il suo animo,  spesso anche la sua anima. E si espone al pubblico ludibrio. Ma perché ridere di chi scrive poesie? Oppure perché essere diffidenti o essere ipercritici? D'accordo se una persona  qualsiasi vi declama i suoi versi, seppur acerbi, ingenui, sentimentali, inopportuni, voi gli direte che sono belli. Ma se questa persona nella comunità di appartenenza vorrà essere nota come poeta o poetessa molti in sua assenza parleranno male di lei, dicendo che è strana, pazza, bislacca, inadeguata, inappropriata. Chi scrive poesie finisce spesso per coprirsi di ridicolo, anche quando ha vinto premi letterari altisonanti. Molti reclamano il diritto di definirsi poeti o poetesse. Ma la strada è impervia. Più i poeti richiamano attenzioni e più la società li snobba, li bistratta. Innanzitutto a essere poeti non si guadagna niente, a meno che non si sia degli influencer sui social. Che poi certi che vendono migliaia di copie non è perché sono poeti ma perché sono influencer che vendono libri di sedicenti poesie! Ecco svelato l'arcano del successo di vendite di alcuni, anche se qualcuno  mi taccerà pure di essere invidioso o in malafede! Non mi tange minimamente se ciò accade,  ma a certe mie critiche mi si risponda nel merito, argomentando a riguardo, e non attaccando la persona…

La poesia, anche nel caso che si oggettivizzi in modo magistrale gli stati d'animo o si faccia parte della poesia di ricerca, rientra nell'ambito dell'express your self.  Ma è molto sconveniente e fuori luogo al mondo d'oggi esprimere sé stessi tramite delle poesie. Si esprima sé stessi, ci si confessi, si scavi dentro di sé nella preghiera  di fronte a un prete, sul divano dello psicanalista,  davanti al direttore delle risorse umane, con il proprio amico di vecchia data, con il proprio coniuge, etc etc. Si può esprimere sé stessi facendo soldi. Si diventa famosi se si raccontano i guai, i difetti e gli eccessi in un talk show, nel confessionale del Grande Fratello oppure se si va a fare il caso umano nella cosiddetta televisione del dolore. Si diventa famosi. La gente vi riconosce per strada. Non sarebbe questa la vera oscenità o almeno l'assurdità di questa società mediatica? Però far parte, seppur occasionalmente, del mondo dello show business significa essere degli eletti. Chi va in televisione è solo perché è migliore di altri, perché ha fatto più sacrifici, perché in definitiva se lo merita: ecco quello che vogliono farci passare come messaggio esoterico o forse più esattamente subliminale. A un tipo che era entrato nella casa del Grande Fratello i ragazzi chiedevano in modo supplichevole: per favore dimmi cosa devo fare, dimmi cosa si deve fare per diventare famosi? L'imperativo è il quarto d'ora di popolarità, intuito da Andy Warhol. Naturalmente mai mettere in discussione questa mentalità,  questi modi di essere o di non essere, questi modi di pensare o di non pensare! Lo show business è verità assoluta da non mettere mai in discussione. Chi critica quel mondo, quelle icone, quelle regole è un odiatore, anzi è una nullità. Per molti vip vale la storica frase del Marchese del Grillo: "Io sono io e voi non siete un cazzo!". Ma mai lasciare traccia di sé stessi, dei propri traumi, delle proprie tare psicologiche, della nostra angoscia, del nostro disagio esistenziale, dei nostri problemi quotidiani nei versi! Si finisce per essere giudicati male. Oppure con bonaria indulgenza si finisce per essere considerate delle brave persone, un poco stupide, molto sognatrici,  per nulla pratiche, insomma astruse. Le poesie verranno considerate secondo il sentire comune delle inezie, delle quisquilie e i poeti o le poetesse verranno considerati maestri della complicazione delle cose semplici. Che poi se uno vuole esprimere sé stesso legittimamente ed essere riconosciuto pubblicamente deve scrivere e cantare canzoni! Questo è il modo migliore per essere stimati. Ma forse sono io che sono noioso e ripetitivo: dire che scrivere e pubblicare poesie non porta da nessuna parte  a sua volta è inutile. Pochi prendono atto della situazione, pochi riconoscono veramente le problematiche dell'essere poeti oggi,  ancor meno cercano di fare qualcosa. La questione cruciale è che non si può essere selettivi nel mondo poetico perché non c'è più nessun modo oggettivo di stabilire cos'è la vera poesia. Prima del Novecento se volevi essere riconosciuto come poeta dovevi scrivere in endecasillabi. E oggi? C'è tanta confusione! C'è spazio per tutti, ma pochissimi hanno veramente visibilità mediatica. Naturalmente nessuno deve guastare questa festa dell'inclusività. Qualche contentino, prima o poi, qualche vetrina poetica viene data a tutti: importante è essere politicamente corretti e giustamente orientati sempre politicamente, frequentare di persona il mondo poetico, avere qualche soldo da spendere per la poesia. Certamente è richiesta un minimo di qualità,  ma non essendoci più riscontri oggettivi e canoni estetici certi siamo nell'ambito dell'opinabile. Molti che ignorano i fatti pensano che essere poeti oggi sia davvero facile. Invece è tremendamente difficile. Roba da rovinarsi il carattere, la psiche! Roba da rovinarsi la vita! Ci sono molti poeti, veri o presunti, che ritagliano molti spazi del loro tempo libero per scrivere versi, che non saranno apprezzati. Quanto spreco di tempo e di denaro per una passione malvista e per nulla stimata! Ma è altrettanto vero che non si può snaturarsi e che bisogna cercare di fare ciò che si ama. A ogni modo è vero che mai come in questa epoca non bisogna chiedere troppo alla poesia. Le aspettative troppo elevate verranno costantemente deluse. Si finirà per essere dei frustrati e talvolta degli infelici. Non bisogna mai chiedere troppo a quel poco di poesia che abbiamo dentro di noi e alla molta poesia che c'è nel mondo. Fondamentale è saper riconoscere la bellezza della poesia, dovunque essa si trovi, senza stare a vedere di chi è, perché poi alla fine la poesia appartiene a tutti, è di tutti. La realtà è  che neanche le case editrici che pubblicano poesie spesso investono nella poesia. L'amara realtà è che la poesia interessa solo a poeti e aspiranti poeti, ma a nessun altro. La realtà è che i pochi libri di poesia venduti sono classici. L'amara realtà è che la poesia è vista dalla maggioranza delle persone come una cosa antica, retrograda, noiosa, insomma superata.  La Repubblica di Licurgo era pura miopia. Era una cosa sbagliata per assassinare la poesia. Per assassinare la poesia non bisogna vietarla, ma bisogna permettere a tutti di essere poeti, visto che chiunque  può scrivere su carta, nel web e la critica letteraria è morta. La realtà è che la poesia contemporanea andrebbe ripensata, reinventata,  riproposta. Ma forse una nuova poesia, ammesso e concesso che sia possibile,  non basta. Probabilmente ci vorrebbe un mondo nuovo, una scuola nuova, un'educazione nuova, che forgino sensibilità e culture tali da accogliere la poesia, vecchia o nuova che sia.

Dalla stessa Categoria