Alcune perplessità sullo schwa...

Alcune perplessità sullo schwa...
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Parliamo dello schwa, del linguaggio inclusivo. La questione è divisiva. In Italia spesso si discute per questioni secondarie. Così più che di parlare di Pnrr si è parlato recentemente della Meloni, che si vuole far chiamare signor presidente.  Ma io non mi interrogo se sia giusto o sbagliato, corretto o meno lo schwa. Non voglio entrare nel merito della questione.  O almeno con queste poche righe non mi chiedo ciò perché lascio la disputa a puristi e innovatori. Non vedo francamente un bisogno insopprimibile dello schwa né penso che possa stravolgere la lingua italiana. Come in tutto e per tutto se avverrà questa innovazione ne prenderemo atto e, volenti o nolenti, ci abitueremo anche a questa novità.  Siamo d'accordo con il grande Sanguineti che ideologia è linguaggio. Ma mi chiedo io se è più la realtà a influenzare il linguaggio o viceversa? È più il linguaggio a essere costitutivo della realtà o viceversa? Di sicuro c'è un'interazione continua, ma cosa determina cosa principalmente? Il linguaggio a mio avviso esprime la realtà molto meno di quanto la realtà formi il linguaggio. Diciamocelo onestamente: le parole sono strumento di dominio, ma uno strumento di dominio marginale. Più che altro sono espressione di dominio. Ma prima bisogna ribellarsi al dominio coi fatti.  Siamo realistici. Sono i gesti, i fatti, le azioni sono strumenti principali per dominare. Partire dal cambiare parole senza intervenire su priorità più pressanti può anche essere qualcosa, ma è ben poco. Il vero linguaggio inclusivo dovrebbe essere quello delle leggi e delle aule di tribunale. Accapigliarsi sulla bontà o meno dello schwa può essere anche una falsa partenza. È inutile che certi uomini diano ragione sullo schwa alle letterate e poi continuino a dare la cattedra all'amante. Lo schwa può essere un contentino e basta. Poi ci sono anche delle femministe che guardano la pagliuzza (quel tale non utilizza lo schwa e lo criticano a più non posso) e non guardano la trave di altri uomini (che stuprano,  pedinano,  molestano sessualmente le donne). Ci vorrebbe prima di tutto una legge più inclusiva e una società più inclusiva. Non illudetevi: un linguaggio più inclusivo può fare in modo molto marginale e formale una società più inclusiva, ma sarà solo una società più inclusiva a fare un linguaggio più inclusivo. Mi ricorda il paradosso di certi studenti che scrivono bellissimi temi contro il razzismo e poi usciti dalla scuola discriminano gli immigrati. Il linguaggio non sempre determina un atteggiamento nei confronti delle persone e l'atteggiamento non sempre determina il comportamento.  La faccenda è complessa. Il linguaggio, come ci insegna Nietzsche,  è anche menzogna, inganno, maschera, falsità.  In questo caso specifico si pensa che la società sia già inclusiva o che possa diventarlo con lo schwa. Alcuni studiosi ritengono che un linguaggio inclusivo cambierebbe le menti di molti uomini. Ma prima bisogna  cambiare le cose perché cambiare nome a cose e persone  è molto meno incisivo. Prima guardiamo alla sostanza e poi alla forma.  Cominciare dal linguaggio è un punto di partenza forse sbagliato. L'unico linguaggio che fa presa sulla realtà è quello legale. È l'unico modo che le donne hanno per farsi intendere. E poi siamo sicuri che lo schwa sia veramente inclusivo? Le parole sono atti perlocutori. Ma una trans ad esempio ha bisogno dello schwa oppure di non essere offesa da bulli omofobi o di non essere discriminata da datori di lavoro? Non è che vengono meno delle priorità e ci si attacca al formalismo? Cosa cambia all'atto pratico se viene cambiata una semplice regola? Cosa cambia ad esempio se io definisco poeta un'artista invece di chiamarla poetessa? Sono forse retrogrado, antiquato, arcaico, maschilista?  Siamo d'accordo che il linguaggio è convenzione e che tramite le categorie verbali si incasellano i pensieri. Ma non è che lo schwa indica una società futura,  che per ora è solo utopia, è lettera morta? Però donne, trans, persone che non si riconoscono nel genere femminile né in quello maschile chiedono prima di tutto rispetto. Mi chiedo quanto tempo ci vorrà prima che lo schwa e il linguaggio inclusivo cambino realmente la mentalità comune. La mentalità comune è ancora razzista e omofoba, nonostante termini volgari omofobi  e razzisti oggi non siano più consentiti legalmente. Che poi per includere persone con identità non binaria per ora lo schwa crea problemi di accessibilità a non vedenti e ipovedenti. E ci sono problemi anche con l'asterisco. E poi di strada dobbiamo ancora farne a mio modesto avviso: prima di vedere se le parole sono inclusive o meno in questo Paese bisogna vedere se sono offensive o meno. Mi sa che molti teorici saltino questo passaggio, anche se lo schwa personalmente non lo vedo come una minaccia. Però siamo sicuri che questa  sia la strada giusta, che sia quella più percorribile? Certo il linguaggio è anche un modo di porsi agli altri, di interagire e relazionarsi. Ma le parole da sole non bastano. Comunque lo schwa è già qualcosa, meglio di niente. Ma non accontentatevi perché è poca roba. Chi pensa di combattere il patriarcato, il maschilismo, l'omofobia iniziando con lo schwa parte con delle premesse sbagliate. Sono altri i fattori determinanti per un vero cambiamento.  Come minimo ci vorrebbe un'azione congiunta di vari elementi e lo schwa è il minimo, l'ultimo, quello meno importante.  Ma lo schwa è anche un esperimento linguistico e non è detto a ogni modo che sia errato.

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