In questo periodo sono in crisi tutte le istituzioni. Non solo le istituzioni dello Stato, ma anche quelle che i sociologi definiscono le istituzioni della socializzazione, come ad esempio la famiglia e il mondo del lavoro. Per quel che riguarda la struttura e le dimensioni della famiglia si sono registrati negli ultimi decenni dei cambiamenti radicali. Da una famiglia patriarcale patrilineare estesa si è passati ad una famiglia nucleare moderna (padre, madre, figli; in genere un solo figlio). Se da un lato non è da rimpiangere l’autoritarismo dei padri e dei mariti di una volta (il cosiddetto "padre padrone", descritto da Gavino Ledda), dall’altro va anche detto che i legami di sangue sono meno saldi di un tempo. Dati alla mano, l'Annuario statistico italiano 2019, ad esempio, conta 25 milioni e 700 mila famiglie. 1/3 è unipersonale. Si registra anche un grave calo demografico. Ci sono molti single, sono aumentate le coppie conviventi senza figli e l'Italia spicca anche per i figli che vivono fino alla maturità con i genitori, a causa della crisi economica, del precariato e della disoccupazione.
La crisi della famiglia comunque non avviene solo in Italia; in qualsiasi paese industrializzato la famiglia è in crisi e se riesce ad assolvere ancora oggi la sua funzione economica, altrettanto non si può dire della sua funzione formativa nei confronti dei figli, che attualmente viene delegata quasi esclusivamente alla scuola. In questi ultimi anni la famiglia è meno coesa rispetto ad un tempo. Questo non significa che la famiglia prima non fosse origine di conflitti e di contrasti insanabili. Ci si ricordi della “Lettera al padre” di Kafka, in cui descrive il proprio genitore come un despota. Le amicizie si possono scegliere, i propri consanguinei invece no. La famiglia può essere un nido accogliente e rassicurante oppure al contrario può rivelarsi talvolta, in alcuni casi limite, un autentico scannatoio. Mai come adesso la conflittualità è stata così elevata. E’ probabile che ciò sia dovuto alla confusione di ruoli (padri che fanno gli amici dei figli adolescenti), che alla sovrapposizione dei ruoli (si pensi ad esempio alla donna impegnata sia come madre che come lavoratrice). Come se non bastasse il mondo esterno è talmente competitivo, stressante e frustrante, che spesso i familiari non riescono a darsi reciprocamente un adeguato sostegno psicologico ed affettivo. Ogni coniuge sente già gravare su di sé il peso dei propri problemi lavorativi, che spesso non riesce a farsi carico dei problemi del partner.
In questo clima sono aumentate le separazioni ed anche i secondi matrimoni; non di rado la situazione familiare si complica: ecco irrompere la famiglia allargata! Diviene un intreccio complesso di relazioni umane, che può talvolta sfociare nell’indifferenza reciproca. E’ difficile per un figlio accettare un altro padre o un’altra madre.
Gli antropologi del secolo scorso si erano illusi quando ritenevano che la nostra società fosse superiore a quelle cosiddette primitive anche per la nostra monogamia e che si potesse analizzare certe tribù da un punto di vista prettamente paternalistico. Siamo monogamici parzialmente ed è il caso anche di dire formalmente. Anche il matrimonio è in crisi, eppure è necessario per la perpetuazione della specie e per l’esogamia. Per tutte queste ragioni in Italia stanno aumentando oltremodo i single. Nelle società contadine, dove vigeva la divisione del lavoro tra i sessi, lo scapolo o la zitella erano considerati negativamente da tutti, perché la moglie svolgeva delle funzioni domestiche, era l’angelo del focolare ed i figli rappresentavano forza lavoro per i campi.
Oggi invece sempre più persone decidono di vivere da single per scelta e non perché rifiutati come un tempo dall’altro sesso. Non so se sia meglio non assumersi la responsabilità di formare una famiglia o creare una famiglia disastrosa e generare altre infelicità oltre alla propria. Ma il vero problema è il fatto che con questa pandemia sono aumentate sicuramente le famiglie monoreddito e le famiglie povere.