Sul filosofo rumeno Cioran

Sul filosofo rumeno Cioran
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Cioran è un pensatore, di origine rumena, che mette tutta la sua follia nelle opere. Procede per aforismi, per annotazioni. Le sue sentenze e le sue osservazioni sono fulminanti. Dice e talvolta si contraddice. Scrive un brano e dopo qualche pagina talvolta lo smentisce. Come Nietzsche ha il gusto della provocazione. Però a differenza di molti non dispensa ricette di felicità. Tutto al più talvolta sembra dare consigli per vivere meglio. In una intervista dichiarò che per vivere meglio l’uomo moderno avrebbe dovuto piangere senza alcun motivo ed urlare per un quarto d’ora al giorno. Erano dei consigli spassionati o ancora una volta delle provocazioni?

Il suo pensiero non è organico. Nelle sue opere non si trova la terminologia del filosofo: eppure lo è a pieno diritto. Per dirla alla Montale è “filosofo dell’eterogeneo”. Procede cioè a fasi alterne, per sprazzi ed illuminazioni. La sua autocoscienza tormentata crea parossismi e paradossi per ogni argomento. Nei suoi scritti tratta tutti i temi in tutti i modi possibili ed immaginabili, passando dal grottesco alla sofferenza, dalla malinconia all’estasi, dal tragico all’ironia. Cioran scoraggia chi ha l’illusione che la filosofia possa spiegare l’assurdità del mondo e dell’esistenza. Per il filosofo rumeno la filosofia è un antidoto alla tristezza. Non solo, ma in “Sillogismi dell’amarezza” scriverà anche che “la storia delle idee è la storia del rancore dei solitari”. A soli 22 anni scrive “Al culmine della disperazione”, che lui stesso considera come una sfida al mondo. Dalla prima opera si intuiscono già i suoi smarrimenti metafisici ed il suo aggrapparsi con tutta la forza all’assurdo. Con Dio ha un rapporto conflittuale e problematico. Ne denuncia l’assenza e tuttavia legge i libri di mistica, primo tra tutti “Il libro della vita” di Santa Teresa di Avila. Acute le sue considerazioni sulla mistica in “Lacrime e santi”. Riporto testualmente: "la mistica oscilla tra la passione dell’estasi e l’orrore del vuoto" ed ancora "Tutto è niente. La rivelazione iniziale dei conventi. Tra il nulla e Dio c’è meno di un passo, perché Dio è l’espressione positiva del niente". Cioran è un mistico bloccato: come un mistico vorrebbe liberarsi dall’io per abbracciare Dio, ma non ci riesce.

Cioran critica ferocemente la psicoanalisi. Della psichiatria l'unica cosa che lo interessa sono i discorsi dei matti, da cui può ricavare delle piccole verità nascoste. In "Storia e utopia" sosterrà che uno dei principi cardini di essa è "la nostalgia della servitù". Non ha fiducia nella storia come maestra di vita e prende le distanze da chi partendo dalla storia procede verso l'Apocalissi o l'utopia. I suoi rapporti con l’umanità non vanno meglio: si considera un apolide. E' rumeno, ma tranne il primo scrive i suoi libri in francese. Nel corso della sua esistenza non metterà mai radici e non apparterrà a nessuna comunità. Tormentato per anni ed anni dall’insonnia e dalla depressione, trova la sua ancora di salvezza nella scrittura, che ha per Cioran un valore terapeutico. Molti sostengono che Cioran sia pessimista e nichilista. Personalmente ritengo che sia antidepressivo. D'altronde lui stesso dichiara che la sofferenza ha il fine di accrescere la conoscenza. Cioran intuisce qualche decennio prima della rivoluzione femminista le problematiche del rapporto uomo-donna. Infatti scrive che tra uomini e donne ci sono solo due modi di relazionarsi: la crudeltà o l’indifferenza. L’uso sempre più crescente di terapie mentali in Europa viene considerato da Cioran un indicatore del declino inarrestabile della società occidentale. Chi si salva insomma secondo il filosofo transilvano? I falliti e i bambini: coloro che sanno tutto e coloro che non sanno niente. In tarda età Cioran si innamorò perdutamente di Friedgard Thoma, una giovane professoressa tedesca, e di fatto sconfessò tutta la sua razionalità disperata e la sua filosofia.

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