Su Bartleby di Melville...

Su Bartleby di Melville...
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Bartleby, lo scrivano, è un piccolo capolavoro di Melville. In un racconto di poche decine di pagine un notaio descrive la storia di un suo impiegato, appunto Bartleby, che lavora per quattro centesimi a pagina di cento parole. Bartleby è lo scrivano più strano in cui si è imbattuto: non cammina, non beve caffè o birra, vive di noci di zenzero e fissa sempre il muro. Vive la sua vita in solitudine, in completa mancanza di amicizie. Melville scrive che “era la sua anima a soffrire” e che “sembrava solo, assolutamente solo nell’universo”. Bartleby è totalmente estraniato dall’ambiente di lavoro. E’ un uomo che non sa parlare e che rifiuta di fare. Ad un tratto inizia a non svolgere più le mansioni a cui era destinato. Ad ogni comando del notaio risponde: “I would prefer not to” (preferirei di no). Quando viene licenziato la resistenza passiva di Bartleby diventa attiva: infatti occupa abusivamente l’ufficio giorno e notte. Una volta tradotto in prigione rifiuta di mangiare e muore di fame.

Quindi due luoghi emblematici: l’ufficio, come momento di vita non autentica, i cui connotati sono lo sfruttamento e l’insensatezza, e la prigione che rappresenta la morte.

Sono svariate le interpretazioni che la critica letteraria ha dato di questo racconto. C’è chi ha visto nel notaio Dio e nel personaggio di Bartleby la solitudine e la predestinazione, sottolineando che Melville aveva profondi sentimenti calvinisti. Bisogna però aggiungere a questo riguardo che l’aspetto del calvinismo su cui fa leva Melville è del tutto diverso da quello descritto da Max Weber ne “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”. Max Weber sostiene che l’etica protestante sia la spinta che porta i capitalisti a reinvestire i loro profitti. L’illustre sociologo sottolinea che laddove il cattolico vuole dormire tranquillo, il protestante vuole mangiare bene. La società americana è fortemente intrisa di spirito protestante. A questo riguardo cita gli aforismi di Beniamino Franklin: “il tempo è denaro, il credito è denaro, il denaro è di sua natura produttivo”. Nei precetti di Franklin viene encomiato il lavoratore degno di credito, vengono considerate virtù la puntualità, la precisione, la diligenza, il guadagno come unico scopo della vita. I motivi per cui i protestanti riescono meglio nell’imprenditoria e nell’organizzazione scientifica del lavoro secondo Weber sono i seguenti: 1) Dio ha creato il mondo per la sua gloria ed il lavoro sociale è fatto per glorificare Dio; 2) Una piccola parte degli uomini è chiamata alla beatitudine eterna. Gli eletti non si distinguono in nulla tra i reprobi. Il successo nella professione però viene considerato come uno stato di grazia, come un riscontro dell’elezione divina.

Melville invece avrebbe privilegiato un altro aspetto del calvinismo in Bartleby: la solitudine dell’uomo dinanzi al mondo, all'umanità intera, a Dio. Come a dire che ci sono degli eletti e dei dannati, ma nessun uomo saprà mai il suo stato e né i preti, né i sacramenti, né la famiglia, né Dio potranno aiutarlo nel suo difficile cammino. Direi anche che Melville ha messo in luce la contrapposizione tra questi aspetti antitetici del calvinismo. Da una parte il lavoratore indefesso ed il successo economico, dall'altra un uomo solo, alieno dagli ingranaggi senza senso della società industriale. Da un lato quindi la prova di essere un eletto tramite l'avanzamento di carriera ed il raggiungimento del benessere economico, dall'altro il caos in cui naufraga chi non ha certezze di nessun tipo. Tutto il senso del racconto sembrerebbe ruotare intorno alla certezza o meno della predestinazione, però l'opera di Melville potrebbe essere interpretata anche in modo leggermente diverso, secondo l'antico dilemma tra volontà divina e libero arbitrio: come l'uomo (Bartleby) che sceglie il libero arbitrio (preferirei di no) rispetto ai comandamenti di Dio (il notaio).

C’è chi invece come O’Brien ha evidenziato che la professione di scrivano simboleggia la professione di autore. A sostegno di questa tesi c’è il fatto che Bartleby prima di lavorare dal notaio lavorasse all’ufficio delle Dead Letters, ovvero all’ufficio postale, in cui vengono bruciate le lettere, che non è possibile recapitare né trasferire al mittente. Queste lettere morte rappresenterebbero l’impossibilità di comunicare. Infatti Melville conclude il racconto con queste parole: “Messaggere di vita, queste lettere corrono verso la morte. Ah Bartleby! Ah umanità!”. In fondo le lettere potrebbero rappresentare i romanzi spediti alle case editrici, che spesso non vengono letti una volta arrivati a destinazione e che spesso non vengono restituiti al mittente.

Io darei ancora un’altra interpretazione al racconto di Melville: Bartleby soffriva di stress. Basti pensare a tal proposito che inizialmente lavora come un forsennato e solo dopo un certo periodo comincia con i suoi dinieghi. Ma innanzitutto che cosa è lo stress? E' meglio dare una definizione specifica a questa parola tanto abusata e sulla bocca di tutti.

Il primo a parlare di stress fu Seyle nel 1936, che analizzò le reazioni di animali in laboratorio. Precedentemente il termine stress indicava soltanto in ingegneria la deformazione di un materiale sottoposto ad un carico. Lo stesso Seyle nelle sue opere ha dato diverse definizioni di stress: il sale della vita, relazione organica di adattamento, spinta a reagire, sindrome generale di adattamento. Lo stress viene considerato come la risposta biologica aspecifica di un organismo ad un agente esterno. E se fosse davvero lo stress a condizionare Bartleby?

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