Referendum sulla cannabis: facciamo chiarezza

Referendum sulla cannabis: facciamo chiarezza
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Raggiunte le 500 mila firme per la richiesta di un referendum abrogativo che porti alla depenalizzazione dell'uso della canapa. Uno strumento di democrazia partecipativa, il referendum, che i promotori hanno deciso di proporre per evitare che, non essendoci una maggioranza parlamentare solida, un disegno di legge (ddl Panteroni) recante la stessa materia potesse essere affossato nel corso del suo iter legislativo.  

In Italia sono circa 6 milioni le persone che consumano cannabis, tra questi anche moltissimi pazienti spesso lasciati soli dallo Stato che, impossibilitati a ricevere la terapia adeguata, nonostante ci sia una sentenza della Corte di Cassazione del 19 dicembre 2019 che stabilisce che non è reato coltivare cannabis se si tratta di una coltivazione “di minime dimensioni e svolta in forma domestica, attraverso pratiche rudimentali e su un numero scarso di piante”. Questi cittadini si trovano davanti a un bivio che conduce comunque sulla strada dell’illegalità: il finanziamento del mercato illegale o coltivare cannabis. La prima strada porta il consumatore ad acquistare dal mercato nero delle mafie. Su 16,2 miliardi di euro del traffico di stupefacenti circa 6,3 miliardi di euro (39%) derivano dal mercato nero dei cannabinoidi. La seconda scelta (coltivazione) non è priva di rischi in quanto per la legge queste persone rischiano fino a 6 anni di carcere.

Il referendum, che chiederà di apportare modifiche al “Testo Unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope” (di cui al d.P.R. 309/1990), è stato formulato con il duplice obiettivo d’intervenire sia sul piano penale sia su quello amministrativo.

Il quesito referendario deposto è questo:

Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, avente a oggetto “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza", limitatamente alle seguenti parti:

  • Articolo 73, comma 1, limitatamente all’inciso “coltiva”;
  • Articolo 73, comma 4, limitatamente alle parole “la reclusione da due a 6 anni e”;
  • Articolo 75, limitatamente alle parole “a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;” ?

Il testo propone quindi di depenalizzare la coltivazione di qualsiasi sostanza, mantenendo le condotte di detenzione, produzione e fabbricazione di tutte le sostanze per uso personale. Infatti, bisogna sottolineare che pur riferendosi a un testo unico che riguarda tutte le droghe, gli effetti sarebbero relativi esclusivamente alla marijuana.

Il referendum interverrebbe sull’art. 73 comma 1, eliminando la pena detentiva per qualsiasi condotta illecita relativa alla cannabis, con eccezione della associazione finalizzata al traffico illecito, trattato nell’art. 74, intervenendo così sull’art. 73 comma 4.

Sul piano amministrativo, invece, il referendum interverrebbe sull’art.75 al comma 1, proponendo di eliminare la sanzione della sospensione della patente di guida e del certificato d’idoneità alla guida di ciclomotori attualmente destinata a tutte “le condotte finalizzate all’uso personale di qualsiasi sostanza stupefacente o psicotropa”.

Alla luce di ciò verrebbe depenalizzata, quindi, solo la coltivazione di tutte le sostanze stupefacenti, ma non verrebbero rese legali tutte le droghe. Continuerebbero a rimanere punibili la produzione, la fabbricazione e la detenzione illecita, e dunque l’acquisto attraverso lo spaccio. Sostanzialmente solo la coltivazione a uso personale della cannabis, considerando che per tutti gli altri tipi di droga sono necessari ulteriori passaggi per permetterne il consumo. I promotori sottolineano che il referendum potrebbe mettere in seria difficoltà le mafie e togliere loro il racket delle droghe leggere.

Ovviamente il referendum ha riacceso il dibattito politico sulla questione, amplificato in queste ore dal caso dei ritardi delle certificazioni di centinaia di migliaia di firme digitali da parte dei Comuni, dividendo i partiti e l'opinione pubblica con la solita generalizzazione e strumentalizzazione sull'argomento. Il fatto certo è che la stagione dei referendum è iniziata, avendo l'opinione pubblica maggiore consapevolezza di questo istituto; consapevolezza che gli stessi partiti dovrebbero capire, iniziando a comprendere le nuove esigenze della società civile e regolamentarle, guidando i cambiamenti nella prospettiva di migliorare il rapporto tra lo Stato e la cittadinanza.

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