"L'immagine residua" di Lavinia Frati (Robin edizioni)

"L'immagine residua" di Lavinia Frati (Robin edizioni)
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Cosa significa innanzitutto "immagine residua"? La poetessa scrive che "è un'immagine falsa, un'illusione ottica che, in determinate condizioni l'occhio umano riesce a osservare anche se essa non è più presente nel campo visivo: partendo da questa particolare capacità oculare, che dura solo un battito di ciglia, si snoda un dialogo, tutto interiore, che narra un legame che continua a essere pur nella mancanza fisica dell'altro". Ancora l'autrice nell'introduzione scrive che "la poesia di Alessandro Fasciolo Crifò ha ispirato questi versi" e infine conclude che "è la poesia stessa lo strumento capace di custodire e rendere vive le immagini residue dentro ai nostri occhi". Il primo interrogativo che mi faccio è dove sia l'assenza.  Nell'io che percepisce? È assenza dell'altro? Nella relazione stessa? È assenza della vita o di Dio? Queste parole, che ora vi ho riportato della Frati, dicono tutto o quasi su questa bella raccolta poetica della Frati. Interessante prima di tutto è il fatto che la poetessa parta da una illusione ottica, da un'impercezione per sondare il mistero dell'esistenza. Ci sono ancora oggi misteri della percezione come il blindsight. Lo stesso Zanzotto ha dedicato una sua raccolta ai fosfeni. La Frati quindi partecipa a questo rapporto sempre più stretto tra psicologia generale e poesia, pur non finendo in uno psicologismo per così dire di maniera. La Frati dà un'ulteriore prova di essere una poetessa, che ha raggiunto la sua maturità intellettuale ed emotiva;  nonostante questo però allo stesso tempo dimostra ogni volta di sapersi rinnovare nella poetica e nella poesia. La sua creazione poetica è quasi senza tregua, volendo dire che coniuga elevata qualità e prolificità. È sempre sospesa tra vicissitudini e significazione, tra evento e parola. All'origine di tutto c'è la materia dei suoi giorni, il suo pane e companatico. La foce è poesia autentica che cerca di combattere, di superare quella che Luzi chiamava "la prosa del mondo", senza mai eliminare la problematicità e l'enigmaticità del reale. In questo poemetto si dimostra più poetessa di immagini e relazioni che di cose. Il suo dolore esistenziale viene espresso senza mai troppo espressionismo.  Ha il coraggio e la saggezza di non soffermarsi troppo in descrizioni, anche se spesso oggi la poesia che va di moda è a tratti figurativa e impressionista. In questa raccolta tutto è interiore, tutto può essere accaduto in qualsiasi tempo  e accadere in qualsiasi luogo. La bellezza di questa raccolta è data soprattutto da folgorazioni inconsce e sentenze sapienziali, che non vengono mai cercate forzatamente ma che scaturiscono in modo spontaneo, in nessun modo artificioso. Certi riverberi, certi riflessi colpiscono ogni lettore con un minimo di sensibilità poetica o comunque avvezzo alla lettura di poesia contemporanea. L'inconscio è sorvegliato come nella poesia di Gabriela Fantato. Il dialogo è incessante. È fluente, ma mai straripante. La poetessa alterna nel dettato  momenti di chiarezza, che rischiarano il suo mondo, a momenti di oscurità,  che restituiscono l'opacità, la complessità del mondo. È una poesia che può essere accostata a tratti a quella di Bianca Tarozzi per la fiducia nella memoria, pur riconoscendo i limiti della fugacità, della selettività,  dell'infedeltà del ricordo. Ricorda la tragicità di Antonia Pozzi, il sentimento della Merini. Ricorda i rovelli esistenziali della Rosselli,  pur senza cortocircuiti verbali. Ma allo stesso tempo l'incedere della Frati è autonomo per il suo stile e per il suo impasto di ragione, cultura e giusta dose di irrazionalità (perché la vita ha infinite varianti e microvariabili); infine è originale per l'amalgama di dolore, morte, amore. Il suo linguaggio non è mai medio né troppo criptico. Sa essere comprensibile e letterata. La Frati si distingue di  nuovo per la facoltà evocatrice, per la capacità di ideazione e di immaginazione. Questa raccolta denota uno svolgimento non solo corretto ma ottimale al tema della vita. Infine una dichiarazione elogiativa, ma consequenziale a ciò che ho scritto: leggere questo libro fa bene al cuore e alla mente per chi si sa ancora volersi un poco di bene perché in questo perenne gioco sporco degli individui e delle organizzazioni ci vuole anche della poesia onesta a questo mondo.



Ecco alcuni brani:


...Potrai chiamarmi col mio vero nome?

O userai lo scoppio della luce,

il bianco tremolio delle scintille

che, dalle stelle, ti ricadrà in grembo?

Accovacciati all'ombra di noi stessi

vagheremo come pazzi,

come cani che non possono leccarsi

costretti in anguste museruole

sentiremo il richiamo della specie

perturbarci ogni possibile pensiero…




….Non sa invecchiare

questo dolore, questa pena

che chiama a perdonare

l'assassinio della gioia e della carne…





...Uguale sarà la colpa

che ci unisce, la mia

di non aver capito che l'amore

aveva artigli e denti aguzzi,

la tua di aver cercato

con l'opaco della vista

di uccidere l'innocenza adolescente.

Non ti darò mai

una degna sepoltura

ma ti terrò con me, nell'urna

che ricorda l'esistenza,

che offende e si ripiglia

la mia vita e ne fa polvere sottile,

sottile cenere che la morte

invita al suo banchetto

di buio e di tenebre.

Ora che ho occhi aperti,

non so più cantare

del bello

che alla vista appare. Le parole

che mancasti di tacere, le ritrovo

tutte appese come panni,

neanche il sole le riesce a cancellare,

mentre il tempo rinnova la promessa

di dar vita all'anima infeltrita,

sento un tremito raggiungere la schiena,

una nascita che avviene da me stessa

ritrovare, nella vergogna dell'uguale,

la fiammella da soffiare con le labbra…





...Tengo il dolore nei palmi delle mani,

l'ho addomesticato e sa anche cantare,

ha un volo cieco e non si sa posare

che su di me, vicino all'orecchio,

parla con la sua voce di vento

e mi spaventa quando al buio

si lascia accarezzare.  Ora che sei

eterno, che dormi in un diverso

inverno, vedo la luce alzarsi

dentro l'aria, contro le foglie

cadute sulla terra, custodire il suono

che sarai domani. Ho perduto il volto

dentro gli occhi e il silenzio

piano piano s'allontana,

lasciando un'eco che rimbomba

nelle orecchie, un calore che piaga

le mani. La morte, lentamente,

toglie il sonno, la notte

si riempie di promesse

che gli amanti senza occhi sanno dare

a chi ama della vita solo quello

che la rende incapace di mentire,

più vera di una luce della notte

che fa vedere allo sguardo solo il buio…




...Niente si comprende

per davvero, il sopruso è l'atto

d'amore più comune, l'infame

ha ancora un riverbero d'affetto

e il bene è sepolto, come un osso,

da un cane fobico.

Questo pensiero fisso

offusca gli occhi e mette le stelle

tutt'intorno punizione: ecco dunque,

cos'è l'esser completi.

È recitare il bello della vita,

dare un limite all'infinito

e tutto lentamente si colora,

con le finestre bloccate sull'inverno

ogni dimora appare più sbiadita,

un pezzo della mente che riluce

e s'abbandona il corpo

il sogno eterno, al domani

in preda del ricordo

che appare vivo e non finisce il tempo

riescono che chiama, fa un fischio,

il suono della parola già annunciata...

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