Il pessimo esempio di alcuni giornalisti sul caso di Carol Maltesi e su quello della presunta storia della preside romana con un allievo...

Il pessimo esempio di alcuni giornalisti sul caso di Carol Maltesi e su quello della presunta storia della preside romana con un allievo...
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Anche in questi tempi così tragici per via della guerra in Ucraina non finisce di stupirmi il sensazionalismo giornalistico. Questo non significa che voglio fare di tutta l'erba un fascio. Ci sono validissimi/e, dignitosissimi/e, preparatissimi/e giornalisti/e. Però c'è sempre qualcuno che si distingue in negativo, qualcuno che finisce per cadere nello stupidario, nello sciocchezzaio immondo. Oggi non voglio scrivere delle eccellenze nel mondo del giornalismo, ma degli asini, che poi in realtà più che somari sarebbero degli analfabeti funzionali. C'è sempre qualche giornalista che fa vergognare gli altri e che si dimentica la propria umanità oltre a scordarsi di rispettare la dignità altrui. Era già successo e succederà di nuovo. Ma perché l'ordine dei giornalisti non provvede a sanzionare e radiare chi non rispetta il codice deontologico per qualche copia venduta in più oppure per avere più visualizzazioni in caso di testate online? È il modo di presentare la notizia che offende! È mettere in cattiva luce la vittima, mettendone in risalto il presunto motivo di scandalo. Come nel caso della ragazza fatta a pezzi da un maniaco suo vicino di casa. Invece di porre l'accento sul fatto che lui fosse un mostro patologico è stato evidenziato il fatto che lei fosse una pornoattrice. Essere un mostro patologico  non è una scusante, un'attenuante, ma un'aggravante perché se io sento che ho qualcosa che non va nella mia testa alla prima avvisaglia,  al primo sintomo ho il dovere di chiamare un esperto della psiche e farmi curare con psicofarmaci e psicoterapia. Non veniamo a raccontarci balle: una persona si accorge sempre di stare perdendo di lucidità; abbiamo tutti sufficienti capacità di introspezione per capirlo; ognuno in questo senso ha sempre il dovere di guardarsi dentro e se si accorge che ha qualche pensiero pericoloso socialmente che non riesce a inibire, se si accorge che può essere una minaccia per sé e per gli altri allora ha il sacrosanto obbligo di chiedere aiuto a un esperto: questo significa essere persone civili, rispettabili e ancora prima umani, pur ammettendo tutti i limiti umani e quelli della psichiatria. In questo caso non è stato messo in evidenza da alcuni l'orrore e la nefandezza dell'omicidio, ma si è posto l'accento sul fatto che la ragazza lavorasse nel mondo del porno. E con questo? Come se questa attività giustificasse in un certo qual modo la violenza! Come a dire che se l'è cercata oppure che tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino, tanto per riprendere dei luoghi comuni. Forse implicitamente volevano comunicare questo alcuni giornalisti. Come se la libertà sessuale non fosse un diritto acquisito e inalienabile nel 2022. Che poi tra l'altro dov'è lo scandalo? In fondo una nota pornostar una volta dichiarò: "In fondo io faccio quello che in privato fanno molte donne italiane". Posso anche tollerare a mala pena il biasimo, il pettegolezzo malevolo delle beghine ignoranti  di paese nei confronti di una ragazza libertina, ma non posso accettare in alcun  modo questo accanimento, addirittura questo scempio, questo sacrilegio alla memoria di una giovane ragazza, che era anche madre, da parte di persone che esercitano una professione intellettuale e devono rispettare la legge italiana. Tutto ciò è stato un oltraggio all'immagine e alla memoria di una ragazza che non può più difendersi; questo è doppiamente vigliacco. Pochi giornalisti hanno mostrato una certa sensibilità e hanno rilevato che fosse una brava madre, molto attenta, molto premurosa. Pochi hanno scritto e detto che era  una donna sola con sé stessa alla fine. Mi ricorda una vignetta satirica di tempo fa;  a un funerale ci sono solo due persone e davanti alla bara una dice all'altra: "sui social aveva migliaia di amici e follower". Fare la pornoattrice significa sfidare la morale comune e chi fa questa professione è ancora oggi oggetto di pregiudizio e discriminazione: ve lo scrive uno che è contrario alla diffusione mondiale della pornografia perché vede gli effetti deleteri sulle persone del cosiddetto bombardamento pornografico. Ma è una scelta quella di fare dei porno che va rispettata sempre. Di certo non faceva alcun male a nessuno. Pur essendo contrario a questa straripante egemonia mediatica del porno bisogna anche riconoscere che il porno ha una determinata funzione sociale: aiuta alcune persone a sentirsi meno sole così come ravviva il desiderio in altre. Alcuni giornalisti hanno voluto pescare nel torbido, utilizzando i luoghi comuni del maschio italico, represso, misogino e maschilista, ma ossessionato dal porno. Molti italiani sono ossessionati dal sesso e hanno un rapporto di amore/odio nei confronti delle attrici porno. Sono pronti a venerarle come a offenderle a seconda dei momenti, delle situazioni, degli stati d'animo. Hanno un rapporto arcaico, retrogrado e schizofrenico nei confronti di donne libere sessualmente. Alcuni giornalisti hanno fatto leva su questo con titoli e articoli, richiamando i bassi istinti dei lettori, facendo latrare la bestia che esiste anche nell'uomo più evoluto. Forse alcuni lettori si saranno anche identificati con l'assassino. Alcuni di certo sui social hanno offeso la ragazza, mostrando empatia con il carnefice e non con la vittima. Altri sui social hanno messo il link ai suoi video porno. Qualcuno ha voluto sottolineare che l'assassino avesse avuto una relazione con la vittima e nutrisse una gelosia morbosa, un possesso patologico. Ma ancora una volta di chi era la colpa? Della ragazza oppure del fatto che il carnefice era letteralmente fuori di testa e un gran violento? Molto probabilmente la ragazza si era data al porno solo per questione di soldi, solo per crescere dignitosamente suo figlio e questa era una scelta rispettabilissima oltre che un autentico atto d'amore: alla malora ogni falso moralismo, che in questo caso specifico è fuori luogo! Un altro caso dove ha prevalso il sensazionalismo,  dove si è voluto montare lo scandalo è quello della presunta storia tra la preside di un liceo romano e uno studente peraltro già maggiorenne. La preside è stata esposta al pubblico ludibrio nazionale, è già stata linciata moralmente. Non è perseguibile legalmente né può essere considerata eticamente riprovevole. Legittimo il diritto/dovere di cronaca, ma perché alcune firme ben pagate,   senza fare giornalismo d'inchiesta sempre più raro in questo Paese, non si guardano un poco attorno e non sollevano il polverone sui professori universitari che ricattano sessualmente studentesse, dottorande, aspiranti ricercatrici? Oppure perché non si scandalizzano per i tanti datori di lavoro che propongono un "compromesso sessuale" alle candidate durante il colloquio? Mi chiedo io quante persone in Italia abusano sessualmente del loro potere e nessuno fa niente? Tutto passa sotto silenzio; i più si voltano dall'altra parte, facendo finta di non vedere e di non sapere. Forse anche nel caso della preside del liceo ha prevalso oltre che il ricorso al luogo comune, allo stereotipo stantio anche il solito maschilismo all'amatriciana. Forse se fosse stato un uomo sarebbe stato considerato più comprensibile e più legittimo moralmente.  Mi chiedo anche quale etica professionale abbiano coloro che hanno pubblicato le chat private tra la preside e l'allievo. Insomma siamo alle solite e queste cose ormai sono all'ordine del giorno. Sono ordinaria amministrazione e non mi stupiscono minimamente. Leggevo un articolo della scrittrice Nadia Terranova su Vanity Fair. A un certo punto scriveva che la vita scompiglia le cose. Di certo se un fatto tragico ci scompiglia in quanto vittime, familiari della vittima o presunti carnefici, anche se innocenti, non c'è modo di salvarsi dal tritacarne mediatico: allora tutte i minimi dettagli delle nostre vite, dei nostri cari verranno dati in pasto al pubblico per business e niente, nessuno si salverà dal fango. Possiamo solo sperare di non ritrovarci in una situazione così tragica.

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