Martin Mcdonagh ritorna al cinema con una favola nera candidata a nove premi oscar, che immerge lo spettatore nella bellezza irlandese, nell’emozione e nella tragedia.
Di Alessandro Bellamoli
Sei anni dopo il grande successo di “Tre manifesti a Ebbing, Missouri”, il regista britannico porta sul grande schermo una storia lineare, dove in parallelo agli avvenimenti si alimenta un pathos che conduce inevitabilmente a riflettere.
“Non mi vai più a genio”:
Padraic Sùilleabhàin (Colin Farrell) è un uomo buono e semplice, che vive nell’isola di Inisherin al largo della costa irlandese; la sua vita viene profondamente sconvolta dalla decisione dell’amico Colm (Brendan Gleeson) di non rivolgergli più la parola. Apparentemente superficiale, la trama perde la sua banalità mettendo in risalto il carattere di ogni singolo personaggio.
Gli abitanti dell’isola vivono una situazione infelice e sono alla ricerca della loro serenità, sia essa avere una relazione amorosa, poter discutere di letteratura o comporre canzoni con il violino.
La serenità di Padraic viene totalmente sconvolta dalla scelta di Colm di dare priorità a sé stesso e alla sua arte, mettendo in luce specifici dilemmi morali: è giusto interrompere un’amicizia noiosa e monotona anche se l’altra persona soffre? È giusto isolare chi “non ci va a genio” per cercare di essere ricordati nella storia? Oppure è meglio essere gentili vivendo il presente?
[Colin Farrell e Barry Keoghan in una scena del film]
Sotto la superficie:
Il punto di svolta è un ricatto macabro ai danni del protagonista, che fungerà da spauracchio per tutto il film. Questo ultimatum è solo uno dei tanti dettagli lugubri che accrescono la tensione, fino a raggiungere i livelli di pathos di una qualsiasi tragedia greca con tutte le sue caratteristiche.
Non solo la catharsis però, ad ispirare il regista sono anche scene paradossali e profondi quesiti esistenziali che pendono sui vari personaggi, protagonisti di una piece di teatro dell’assurdo.
Il titolo della pellicola richiama alla lugubre presenza della banshee, mentre sul piano storico la progressione verso il dramma si ha anche nel contesto: la guerra civile irlandese, ricordata dai dialoghi e dalle esplosioni sorde al largo della costa.
La brillantezza della sceneggiatura di Mcdonagh si nota nell’incastro di questi elementi con l’ironia dei dialoghi, mai fuori luogo e capaci di mettere in risalto proprio gli aspetti drammatici a cui sembra contrapporsi.
Unire una storia così semplice, impattante ed ironica a letteratura, teatro e folklore irlandese è un’abilità invidiabile. Si attende il giudizio della Academy.