6 piccole prose sulla non vita...

6 piccole prose sulla non vita...
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*Che dolore la crisi emorroidaria! Non trovo sollievo. Non trovo posa, neanche stando a letto. Neanche penso. Provo dolore e basta. Non scrivo. Non leggo. Forse vado fuori a camminare. Forse vado a chiedere una crema in farmacia che mi dia sollievo. L'ho comprata ed è detraibile.  La provo, sto meglio e sono felice dell'acquisto.  È stata una bella compera, come si dice da noi. "L'unico sollievo è l'acqua fredda." "Perché non vai a farti vedere da un proctologo? Altrimenti una volta passata la crisi sei punto e a capo."  Ci vuole una cura con i bioflavonoidi. Oppure devo provare con il lievito di birra. Caro Montale, per oggi niente "epistemi" ma solo "emorroidi". Tanto dolore per niente, visto che queste cose non passeranno alla storia e neanche ho intenzione  di pubblicarle in un libro.



*La guerra continua imperterrita senza tregua. Fino a quando non ci toccherà minimamente, fino a quando i morti non saranno i nostri morti (ma perché i morti non sono di tutti? Purtroppo da che mondo è mondo ognuno piange i suoi morti) continueremo imperterriti a pensare alle nostre inezie. È un pensiero semplice, banale, scontato, che però ogni tanto dobbiamo pensare, che ogni tanto abbiamo il dovere di pensare per rimanere un poco umani, per non disumanizzarsi nella grande quiete ovattata  dell'indifferenza.





*La dipendenza fisica dalla nicotina dura circa un giorno e mezzo. E la dipendenza psicologica? "Una revolverata ci mette un secondo o poco più ad uccidere. Non ti dà neanche il tempo di accorgertene." Così mi dice una ragazza al bar. C'è sempre una causa psicologica. Se qualcuno ha un cattivo stile di vita bisogna sempre analizzare la sua psicologia.  Se uno beve, fuma o si droga  c'è sempre un motivo psicologico. Se uno smette di bere, fumare o drogarsi c'è sempre un motivo psicologico. La cattiva abitudine o l'eccesso sono solo un sintomo di qualcosa di più profondo. Ma spesso viene inibito o rimosso il sintomo senza andare a monte, alla radice, fino a quando il sintomo si ripresenta e così via ad libitum. Ma sempre meglio di una revolverata.  Meglio il suicidio lento, anzi lentissimo.




*La lavatrice va cambiata. Così compriamo la lavatrice.  Non vi annoierò con l'obsolescenza programmata e il ciclo di vita di un prodotto. Certo però senza obsolescenza il consumismo dove andrebbe?  Vediamo piuttosto le fasce orarie dell'Enel! Ogni citazione sarebbe pleonastica, abusata, fuori tema, a sproposito. Comunque abbiamo comprato una lavatrice italiana, perché almeno ci sono le istruzioni in italiano.



*Saper distinguere tra il sesso come pulsione di morte  e il sesso come pulsione di vita. Non è cosa da tutti. Ci vuole tempo, saggezza, insomma maturità  per saper distinguere veramente.  Cammino, cammino. Benedico il sole e un vento leggero. È finito di piovere. Prima mi sono riparato  da un acquazzone nel supermercato.  È successo dopo pranzo. Ero a cento metri da casa. Alla fine è venuta mia sorella a portarmi l'ombrello. Avere occhi nuovi per vedere la stessa vita di sempre, per rinnovare la vita di sempre è forse meglio che avere gli stessi occhi per vedere una vita nuova. Bisogna saper cogliere le infinite variazioni sul tema della vita, altrimenti si è finiti,  e se la vita non cambia per niente e si ripete monotona, sempre uguale, allora le infinitesimali variazioni sul tema falle tu! Colmare il vuoto interiore? Leggo le parole di un Dalai Lama: "Cercare spazio dove spazio non c'è." Mettere ordine nella vita? I minimalisti esistenziali non sanno che nelle nostre vite siamo tutti accumulatori seriali. Mi fermo. Da una finestra aperta di un condominio mi giunge in sottofondo "La cura" di Battiato.  Ah tutto l'amore provato e non ricambiato!  Ma se mi fossi sposato e avessi fatto figli con una ragazza di cui ero innamorato  l'amore o quel che chiamano amore sarebbe durato poco, anzi pochissimo.  E allora mi rincuoro e continuo a camminare.




*Non ho una vita lavorativa, né sociale, né sessuale. Io non ho neanche una vita ma una non vita.  Un mio carissimo amico, discutendo animosamente,   mi ha detto: "Io ho una vita,  a differenza di te". Avere una vita significa lavorare, portarsi in giro, incontrare gente, avere una moglie, magari anche una scopamica. Bisogna scacciare la noia, fare qualcosa, amare una, riempire il vuoto o almeno fare finta di divertirsi. Bisogna cercare di essere produttivi o almeno bisogna fingere di godersi la vita e se soffri non farlo vedere, non devi mai esibire il tuo dolore, soprattutto quello esistenziale, perché è fare un torto alla gente che soffre veramente.  La mia non vita però vuole continuare a vivere, forse semplicemente per istinto di autoconservazione,  forse per curiosità di cosa mi aspetta domani. Guardo fuori dalla finestra e tutto è ancora a posto. Il mondo è ancora lo stesso. Niente è cambiato. Non c'è nessuna novità e quando arriva una novità è negativa. Buone nuove non ce ne sono mai. La mia vita vera non vuole vivere e allora che viva al suo posto la mia non vita… La mia non vita cerca di vivere così distrattamente,  quasi abusivamente  e clandestinamente, per inerzia. Io sono e non sono nel mondo. Ogni tanto mi assento. Poi accade che mi ripresento. Vivo nell'apatia, nell'anedonia. Il mondo mi è indifferente e io sono indifferente al mondo. Ogni tanto mi perdo in me o nel mondo perché tanto è relativo dire dove sta il pieno e il vuoto, la vita e la morte.  Bisogna ritrovarsi per poi perdersi di nuovo (perché non conciliare il movimento triadico hegeliano con l'eterno ritorno?). Ogni tanto mi chiedo: che ci sto a fare nel mondo? Altre volte mi chiedo: per chi devo vivere? Ma certe domande non trovano risposta e vado avanti per inerzia. Una ragione vera per vivere non ce l'ho, ma non ho neanche una ragione vera per morire. Così giocoforza vivo una non vita. Chi mi trova, chi mi conosce pensa addirittura che io viva veramente. In realtà faccio finta di vivere. Sono sospeso nel limbo, ma non civetto con la morte.  Sto lontano dal suicidio. Il suicidio non è fatto per me o io non sono fatto per il suicidio: ci vuole troppo coraggio, ci vuole troppa disperazione e io poi sono tanto attaccato alla mia non vita. Ho provato a vivere come voi, ma non ci sono riuscito. Così mi sono rifugiato nella mia non vita. La mia non vita mi protegge. Che voglio di più? Passano i giorni e la mia non vita è sempre più un anestetico,  un farmaco salvavita. Dentro la mia non vita forse ci sta un poco di vita. Scrivo o smetto di scrivere? E chi mi legge? E cosa pensa chi legge? In fondo non è importante. Esisterò fino a quando la mia non vita non svelerà l'inganno e la finzione. Anche la mia non vita è una bella parvenza di vita, oserei dire la sua pantomima o la sua brutta copia. In mancanza di meglio mi adatto e mi aggrappo a questa mia non vita. È tutto quello che ho. Quindi per favore se mi incontrate non mi dite che non ho una vita. Voi siete veramente sicuri di avere una vita vera, ma una vita veramente vera?!? Io in fondo voglio bene alla mia non vita. Vi sono affezionato. La mia non vita è regolare, abitudinaria come me, non mi mette nei guai e non mi tradisce mai. La mia non vita non mi illude, né mi delude. Insomma io ci sto bene nella mia non vita. Certo qualche volta rimpiango la vita vera, ma sono pochi i momenti di crisi, tempo di disperarsi un poco e poi passa tutto e tutto ritorna come prima. Per ora faccio finta che la mia non vita sia vita, anche se posticcia,  anche se talvolta mi spiazza, facendomi una finta e la vita vera si invola  dall'altra parte quasi rasoterra, insomma imprendibile, irraggiungibile.

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