Pubblicato per la prima volta nel 1922, il noto racconto di Kafka narra le vicende dell’artista di fame o digiunatore, un uomo che esercita pubblicamente l’arte del digiuno, scegliendo di non ingerire cibo per ben quaranta giorni.
Tra l’incredulità e il burbero scetticismo, la professione dell’uomo durò per molti anni, fino a quando, visto l’ormai consolidato disinteresse della folla, il suo impresario non fu costretto a troncare i rapporti con lui.
Assunto in un circo, l’uomo venne collocato in una gabbia dalle piccole dimensioni, situata in prossimità delle zone periferiche della struttura, vicino alla sezione destinata agli animali.
Dopo un primo periodo di curiosità ed interesse generale, l’artista venne poi abbandonato a se stesso: ignorato dalle folle e da chi avrebbe dovuto sorvegliarlo.
Il racconto termina quindi con la morte del protagonista che, obbligato alla fame, aveva cessato di essere un libero artista per assumere le sembianze di un uomo morente, nella più completa alienazione dalle masse e dal suo io artistico.
Un racconto complesso e angosciante quello di Kafka che non ha nessuna intenzione di edulcorare la realtà e di presentarla al lettore come banale semplificazione.
Una narrazione veloce eppure estremamente densa che cerca di sondare la natura dell’artista e il destino errante al quale da sempre essa è soggetta, tra incomprensioni e secoli d'oblio.
Oggi l'arte consiste anche nella capacità di sapere comunicare: ma può il genio artistico essere ridotto a pura percezione e a semplice apparenza?
Comunicare la propria natura e il proprio pensiero è spesso molto difficile: anche il più bravo degli artisti infatti non riuscirà mai a comunicare appieno la propria natura umana che appare quasi insondabile.
Chi si addentra nei sentieri delle arti, lo fa innanzitutto per se stesso, per la ricerca di libertà e di piena realizzazione del proprio io; l’arte è quindi separata dalle masse: essa è “assoluta” e sciolta quindi da qualsiasi tipo di vincolo.
L’arte è, cosi come suggerito da Kant, disinteressata, priva di uno scopo e di un fine ma assolutamente necessaria: al genere umano come traccia del proprio passaggio e al singolo come tentativo di una piena realizzazione.
L’artista è quindi colui che esercita la propria professione con la consapevolezza che l’arte non costituisce necessariamente un mestiere: l’espressione artistica precede l’impatto e il rapporto con la società proprio perché è un’espressione del singolo e della sua pura soggettività.
Spesso gli artisti vengono sottovalutati.
Spesso sono incompresi e derisi, altre volte sono invece acclamati.
Ma la capacità di un artista non dipende in primo luogo da quanto seguito egli abbia: l’arte è uno strumento che ci permette innanzitutto di comprendere la nostra umana natura.
È una traccia del nostro passaggio, certo…ma è ancor prima una promessa che facciamo a noi stessi.