Lo smart working: facciamo chiarezza. Dalle origini all’attualità

Lo smart working: facciamo chiarezza. Dalle origini all’attualità
}}

Nell’ultimo anno abbiamo spesso sentito parlare di smart working, ma sappiamo davvero di cosa si tratta? È nato con il Covid o esisteva già da prima? È semplice lavoro da casa?

Questo articolo chiarirà cosa ha portato alla nascita dello smart working e i motivi della sua diffusione ai tempi del Coronavirus, specificando le sue differenze o similarità rispetto al lavoro a domicilio e al telelavoro.

La quarta rivoluzione industriale e la Legge 81/2017

Iniziamo col dire che lo smart working nasce nell’ambito della quarta rivoluzione industriale, un nuovo approccio all’organizzazione del lavoro che interessa il nostro decennio e caratterizzato dall’innovazione tecnologica (nello specifico informatica) che ha portato a un’esigenza di flessibilizzazione del tempo e del luogo della prestazione; ciò ha reso il legislatore consapevole della necessità di introdurre una novità che non fosse però né una nuova tipologia di contratto di lavoro subordinato né un’estensione della categoria del lavoro autonomo. Infatti, la legge 81/2017 introduce il lavoro agile (o smart working) che altro non è che una modalità di lavoro subordinato: si tratta sempre di lavoro subordinato, dunque, ai sensi dell’art. 2094 c.c., ma espletato con una modalità flessibile priva di vincoli di orario e di luogo di lavoro che viene stabilita attraverso un accordo tra datore di lavoro e lavoratore e che prevede il possibile utilizzo della strumentazione tecnologica per lo svolgimento della prestazione lavorativa.

Cosa distingue il lavoro agile dal lavoro a domicilio e dal telelavoro?

Il lavoro a domicilio prevede l’individuazione di un luogo di lavoro fisso e predeterminato; nel lavoro agile non sussiste l’obbligo di indicare il luogo dove verrà espletata in tutto o in parte l’attività lavorativa (anche se l’accordo individuale dovrà indicare, ai fini della regolarità amministrativa del contratto, i luoghi nei quali potrà essere svolta l’attività lavorativa).

Se il lavoro agile, come specificato, prevede il possibile utilizzo della strumentazione tecnologica, nel telelavoro tale utilizzo deve essere fatto in maniera prevalente ed è prevista una continuità della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali (contro la possibilità data dal lavoro agile di poter svolgere l’attività lavorativa in alternanza all’esterno e all’interno dell’azienda, in quanto lo smart worker non ha una postazione fissa).

Il lavoro agile nella pandemia

Lo smart working è divenuto nei primi mesi del 2020 uno strumento fondamentale per ridurre il rischio di contagio, tanto che sono state emanate varie norme che lo hanno trasformato, però, in un ibrido con particolarità che lo distinguono dalle caratteristiche originarie previste dalle Legge 81 che lo ha introdotto e che lo avvicinano di più al telelavoro. I vari decreti introdotti hanno in comune il venir meno dell’accordo tra le parti (cuore della legge 81/2017) in quanto, causa pandemia, i datori di lavoro devono applicare la modalità smart ad ogni rapporto di lavoro subordinato, a prescindere dalla volontà del lavoratore. Si tratta di una deroga permessa in virtù dell’obiettivo di salvaguardia della salute pubblica. Inoltre, qualora l’azienda non disponga della strumentazione tecnologica necessaria al lavoratore per espletare l’attività lavorativa, lo smart worker potrà utilizzare la propria strumentazione.

Lo smart working degli ultimi tempi è più vicino al telelavoro, in quanto, soprattutto nel periodo di lockdown totale, non era possibile l’alternanza della prestazione svolta all’esterno e all’interno dei locali aziendali, visto che, ove possibile a seconda della natura delle mansioni, i lavoratori agili hanno svolto la propria attività esclusivamente da casa.

Il lavoro agile, che è stato introdotto nel 2017 per incrementare la competitività e agevolare la conciliazione di vita e di lavoro, era poco conosciuto quando le aziende hanno dovuto introdurlo obbligatoriamente causa Covid, ma i vantaggi riscontrati, non solo in termini di riduzione dei contagi nell’ambito della pandemia, ma anche di soddisfazione di varie esigenze di flessibilità dei lavoratori, possono far pensare che possa diventare una valida alternativa al lavoro in azienda anche dopo questo periodo di distanziamento obbligato.

Dalla stessa Categoria