L'Archetipo dell'Eroe

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La teoria psicologica degli archetipi venne formulata per la prima volta da C. G. Jung in “Gli Archetipi e l'Inconscio Collettivo” del 1933.
Oggi, viene usata in ambito di marketing e management, ed è applicata in svariati campi che differiscono tanto dalla psicanalisi e dalle dottrine della psicologia.
Nemmeno lo stesso Jung spiega chiaramente cosa essi siano di preciso, e afferma più volte di “prendere in prestito” simboli da altre culture e da altri ambiti non strettamente legati alla psiche umana, sebbene ne siano una loro manifestazione.
Sintetizzando e minimalizzando agli estremi la teoria complessa degli archetipi di Jung troviamo un simbolo che è caro al fantasy spada e stregoneria.
L'archetipo dell'eroe, appunto.
Pare che durante la nostra esistenza aderiamo, senza neanche deciderlo troppo consciamente, a diversi tipi di archetipi di personalità diverse.
Gli junghiani moderni li differenziano in categorie abbastanza precise, che chiaramente sviliscono la ricerca originaria di Jung, ma la chiarificano e la esplicano in maniera per lo meno chiara e concreta.
Jung afferma che l'inconscio non è un ammasso di pensieri repressi dalla nostra mente, ma è in realtà qualcosa di vivo e agisce attivamente nella quotidianità umana.

L'eroe.
Cos'è, quest'archetipo, questo simbolo, questo concetto arcaico e antico, quasi innato nella psiche umana? Un'illusione, un'immaginazione, oppure dietro all'immaginario c'è una forza e un'energia ben presente nella mente degli uomini?
Jung propende per la seconda ipotesi.

Elric di Moorcock, Conan di Howard, Jorel di Joiry di C. L. Moore, Waylander dei Drenai di David Gemmell, Geralt di Rivia di Sapkowski, condividono lo stesso simbolo, seppur diversi e caratterizzati da trame e ambientazioni distanti tra loro.

“Tutte le volte che nella nostra vita siamo alle prese con il "drago"della paura, del dolore, della morte possiamo scegliere di immedesimarci con l'archetipo dell'eroe e scegliere la "vita" di fronte alla "non vita” - C. G. Jung

L'eroe rappresenta per ogni essere umano la possibilità e la capacità di avanzare nella propria “queste” di realizzazione ed evoluzione personale. Le battaglie contro il mostro, il nemico, non rappresentano nient'altro che le sfide che il nostro io pone continuamente davanti alla facoltà intellettiva umana, la ragione di fronte all'irrazionale cade, e ha bisogno di altro, di un'energia potente e primordiale, e qui entra in gioco il potere dell'archetipo.

L'eroe può manifestarsi anche sotto forma di guerriero o di cavaliere, ma è mosso da un intento diverso, il cavaliere è spinto da una causa, l'eroe è invece mosso unicamente dalla ricerca di senso di sé.

“Elric guardò tristemente il mondo, con la testa china sotto il peso della stanchezza e della nera disperazione. "Ormai" disse "vivrò la mia esistenza senza sapere perchè la vivo, se ha uno scopo o no. Forse il libro me l'avrebbe detto. Eppure, anche in tal caso, l'avrei creduto? Io sono l'eterno scettico...non sono mai sicuro che le mie azioni siano veramente mie, non sono mai certo che a guidarmi non sia un'entità suprema.
Invidio coloro che sanno. Ormai non posso fare altro che continuare la mia ricerca e sperare contro ad ogni speranza che prima della fine della mia vita mi venga rivelata la Verità" – Michael Moorcock

“Attraverso eoni di sensazioni precedenti di fame e nuda cupidigia, di terrori aborigeni e follia, esisteva qualcuno o qualcosa che ritornava sempre indietro nel tempo. La morte diventava vita e la vita morte.”  - C. A. Smith

L'archetipo dell'eroe è la forza vitale che permette all'uomo di risollevarsi dalla caducità del tempo e della morte.

“Tutto è andato, tutto è finito, ponetemi sulla pira ; la festa è terminata e il lume ora spira” - Robert E. Howard

Questa fu l'ultima frase scritta da Howard prima di togliersi la vita l'11 Giugno del 1936, all'età di trent'anni e qualche mese.
Come nella produzione artistica Conan era invincibile e non temeva nulla, il suo autore nella vita di tutti i giorni si ritrovò a compiere un gesto estremo.
E' da considerare il fatto che Howard riconosceva l'importanza del suo lavoro definendosi egli stesso un “pioniere”, come i suoi padri prima di lui, che si spinsero nel West dalle colonie inglesi.
E' chiaro che Howard sottovalutava il valore delle sue opere e della sua stessa esistenza perchè non solo definì con precisione scultorea un archetipo presente nei miti e nelle leggende dalla notte dei tempi : la barbarie, facendola coincidere con il senso di ricerca di senso dell'eroe junghiano, ma fu foriero di intuizioni sempiterne.

La simbologia odierna suddivide la teoria di Jung in dodici archetipi fondamentali, secondo il loro rapporto con il “Drago”, ossia il nemico, l'avversario, la bestia primordiale da sconfiggere, che poi sarebbe nell'inconscio un'immagine chiara e precisa della paura in sé e per sé, dell'ansia e del panico.

L'intuizione howardiana consiste in un richiamo al pensiero di Nietzsche, “Ich will”, la volontà di potenza.
Conan è alla ricerca di un senso, ma è fedele alla terra, godendo dei piaceri e disperando delle sofferenze, figlio di un mondo “fanciullo”, ne è anche lui entusiasmato in maniera ingenua e passionale, quasi lunatica talvolta all'apparenza, impulsiva, è egli stesso versatile e in mutamento, in divenire, come la realtà che lo circonda, da ladro a grande condottiero a re dal pugno d'acciaio. All'apparenza Conan è un barbaro lascivo e irrazionale, ma sta soltanto seguendo gli archetipi della tradizione del suo popolo, la dottrina di Crom, il dio che vive sulla montagna lontano dagli uomini e odia i deboli, in senso spirituale, in senso di “mancanza di sè”, smarrimento, poiché un Cimmero non può permettersi in una realtà come quella howardiana della terra settentrionale dei barbari, di perdere la coscienza di sé, del proprio potere, dell' “Ich Will” di Nietzsche.

“Tutto ciò che non ti uccide, ti rende più forte” - F. W. Nietzsche

Questa frase del filosofo tedesco va precisata e dispiegata al lettore. Ha un significato più legato allo spirito che al corpo, Nietzsche fa un discorso legato alla morale, affermando che ciò che non ti “tira in basso”, ti eleva, ti rende appunto più forte, più cosciente, più realizzato nel senso di saggezza e sapienza e conoscenza di sé, a livelli profondi.

I protagonisti del fantasy sword & sorcery condividono caratteristiche simili e sono mossi, oltre che dalla “queste” tipica del romanzo medievale, anche da una ricerca più profonda, una ricerca di sé, una “queste” eroica per scoprire il senso di tutto, o non scoprirlo, e continuare a combattere, perchè questo fanno soprattutto i protagonisti della letteratura spada e stregoneria, lottano strenuamente per la sopravvivenza, che è strettamente legata all'individualità e alla libertà personale e all'affermazione di sé, in una prospettiva d'immortalità ed infinità dell'opera artistica.

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