La perdita del significato autentico del Natale...

La perdita del significato autentico del Natale...
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Il rischio è di fare come Scrooge nel celebre racconto di Dickens, ovvero di odiare tutti e naturalmente di perdere l'autentico spirito del Natale. Ma a differenza di Scrooge il pericolo maggiore non viene dall'avarizia ma dalle seguenti minacce:


  1. Il consumismo del Natale. È vero che in questo periodo l'economia gira ed è un bene, commercialmente parlando in questi tempi di crisi,  ma è altrettanto vero che non tutti hanno la tredicesima e ci sono persone che si indebitano, perché devono portare in vacanza moglie figli e/o perché devono rifare i regali agli amici che hanno fatto loro un pensierino. A Natale tantissimi sono presi dall'istinto di acquisizione. Molti diventano degli "effendi", tanto per usare un termine di una canzone di Rino Gaetano, che spendono e spandono. Il Natale diventa quindi un rito collettivo del capitalismo, da cui ben pochi riescono a sottrarsi. Spendere, fare regali diventano imposizioni, obblighi. E poi ci si sente parte di qualcosa più grande ad andare nei negozi e nei supermercati colmi di gente! Anche far parte di un grande assembramento di persone momentaneo è un modo per sentirsi con gli altri, per sentirsi parte della comunità,  insomma per non sentirsi soli: si dimenticano per pochi istanti i problemi e il vuoto interiore.  Si ha una felicità momentanea o almeno la sua parvenza. Si ritorna bambini e proprio come in una nota poesia di Zanzotto, in cui un bambino, al quale la madre chiede se è felice, molti potrebbero rispondere: "Sì, perché c'è la Standa". E se è vero, come ha detto un famoso dietologo, che l'importante non è guardare alla linea da Natale a Capodanno ma da Capodanno al Natale successivo, è altrettanto vero che le abbuffate e una gran mole di cibi costosi sono diventati anch'essi un rituale doveroso. È poi davvero necessario stare insieme a dei parenti-serpenti, che non si vedono per il resto dell'anno, al pranzo di Natale? Non è anch'essa un'ipocrisia, una formalità dettata da un mix di tradizione e consumismo più che dall'affetto sincero? Però così facendo si perde il vero significato cristiano del Natale. Gesù è nato povero e morto solo in croce.  Non scordiamocelo.
  2. Il politicamente corretto. Ora addirittura per non turbare la sensibilità dei non cristiani in alcune parti del mondo non viene menzionato neanche più il Natale come festa e delle maestre di Padova hanno addirittura corretto "Gesù" con "cucù" in una canzoncina.  Insomma la questione è se gradualmente non si rinuncerà alle radici cristiane di questa società occidentale, in nome di un laicismo sempre più prono dell'islamismo. In questo modo forse per rispetto delle altre religioni non si finisce per scristianizzare l'Occidente e farlo progressivamente islamizzare? Oppure forse non c'è alcun rischio, perché l'essenza dell'Occidente sono soprattutto McDonald's e Coca-Cola e questi avranno la meglio su tutto è tutti?
  3. Andare in chiesa tanto per timbrare il cartellino, per farsi vedere, per il perbenismo e poi scordarsi del vero significato del Natale, non pregando e comportandosi da carogne, appena passato il Natale. Questa festività serve a ben poco, se non ci aiuta a riflettere sul senso della nostra vita e se è soltanto una tregua, una pausa da una vita continua di pessime azioni. Se ai tempi di Rousseau il nodo irrisolto di questa civiltà era se una società cristiana potesse portare al benessere collettivo, visto che era basata su un interesse egoistico ovvero sulla salvezza della propria anima, ora il problema è che noi tutti non pensiamo più a Dio.
  4. Non trovare in questi giorni un pensiero da rivolgere a chi sta peggio di noi, tra fame nel mondo, malattie, guerre, povertà. Anche questo è un modo per dimenticarsi di Dio, dato che dovremmo vedere il volto di Cristo negli altri. E tutto ciò è difficilissimo, se gli altri sono odiosi oppure se sono semplicemente lontani dai nostri occhi o dalle telecamere che ci informano h24.

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