Nel primo mondo, a cui questo Paese, seppur tra mille difficoltà, appartiene, spesso la percezione della realtà è più importante della realtà. Erano alcuni decenni fa quando nacque la sociologia della conoscenza e si faceva un gran parlare di “costruzione sociale della realtà”. È vero che molto dipende dal nostro punto di vista, dalla nostra prospettiva. È quello che ci insegna il costruttivismo. È vero comunque che compiamo molte "tipizzazioni" ed etichettiamo, classifichiamo, categorizziamo tutto anche in base alla nostra visione del mondo. Il senso che diamo alla realtà, al mondo è un intreccio inestricabile di oggettività e soggettività. Talvolta ci confondiamo. Talvolta consideriamo oggettivo ciò che è soggettivo e viceversa. Potremmo pregare: Dio dacci la capacità di discernere cosa è oggettivo e cosa non lo è. A mio modesto avviso oggettivo è ciò che ha riscontro appunto oggettivo e/o ciò che appartiene all’oggettuale. Talvolta si considera oggettivo anche solo ciò che viene imposto dal potere. Oggettive sono le cosiddette scienze esatte. Già le scienze umane si basano tutte su misurazioni indirette soggettive (dipende dalla definizione operativa che lo psicologo vuole dare di stress, intelligenza, personalità, etc etc). Ma non è questo il problema cruciale delle nostre esistenze. La questione fondamentale riguardo al nostro animo umano è che, come scrisse Geremia, il cuore è ingannevole più di ogni cosa ed è difficile, quasi impossibile, conoscere il cuore umano. Oggj sappiamo che quel che un tempo sembrava governato dal cuore dipende in realtà dal sistema libico, ma io in queste righe per non venir meno a una tradizione durata secoli lo chiamerò ancora cuore. Spesso ci sfugge il senso delle nostre azioni, dei nostri sentimenti, della nostra vita. Hesse sosteneva che la vita fosse insensata e bisognasse dare noi un senso. Ma spesso non è facile dare un senso a qualcosa di totalmente insensato. Per esempio nella mia cittadina hanno chiuso una via perché era pericolante un tetto. Hanno messo in sicurezza. Hanno messo a conoscenza la cittadinanza con articoli sui quotidiani. Si tratta di allungare di cento, duecento metri al massimo il tragitto per molti. Eppure c’è anche chi passa con uno stratagemma da quella via chiusa. Potrebbero cadere dei calcinacci. Qualcuno potrebbe rischiare la vita. Il gioco vale forse la candela? Cosa ci guadagnano in tutto questo? Il rischio che corrono è elevato. Cosa c’è di razionale in tutto questo? Molti nostri comportamenti sono totalmente irrazionali. Ognuno ha le sue tare psicologiche. Anche i più razionali hanno dei comportamenti irrazionali, illogici, imprevedibili. Sessualmente e/o sentimentalmente c’è poco di razionale. La razionalità di alcuni sembra totalizzante, ma spesso è solo apparente. Un tempo c’era chi scriveva lettere folli ai direttori dei giornali. Oggi la manifestazione della follia umana si è spostata tutta sul web. Il web è diventato un immenso sfogatoio, un’enorme valvola di sfogo. Ma nessuno si deve credere meglio di nessuno. Siamo noi. Quei folli siamo noi o sono esattamente persone come noi; se non sono come noi, sarebbe bastato poco a noi per diventare come loro o basterebbe poco per diventare come loro in futuro; in fondo quando qualcuno sbaglia o fa una cosa folle gli diamo del cretino. Ma anche noi, prima o poi, sbagliamo o facciamo cose folli e allora saremo cretini per qualche altro. Ciò può succedere in qualsiasi ambito, alla guida, sul lavoro, nel tempo libero, etc etc. Spesso alla domanda “perché hai fatto ciò?” l’unica risposta plausibile è “perché mi sentivo di fare ciò” piuttosto che la risposta razionale “perché pensavo che fosse giusto ciò”. Spesso giudichiamo con altezzosità e senso di superiorità i comportamenti folli altrui e ci scordiamo totalmente dei propri. Spesso per le nostre azioni e i nostri giudizi sugli altri ci basiamo su impressioni fugaci, illusorie oppure su sensazioni errate. In realtà la conoscenza degli altri, come di noi stessi, è molto extralogica e discontinua, ma siamo sempre molto sicuri dei giudizi sommari che diamo sugli altri, come se fossero oggettivi, come se fossero sentenze inoppugnabili. Per quanto abbia le mie idiosincrasie e le mie antipatie io sugli altri non dico che sospendo il giudizio totalmente, ma sono possibilista. L’esistenza umana di ognuno è colma di paradossi e ognuno è di per sé stesso un paradosso. La faccenda è ingarbugliata e di non facile soluzione. È così facile perdere il senno per qualche frangente o anche per tutta la vita per colpa propria o per cause di forza maggiore. Noi non possiamo che osservare il comportamento altrui e desumere da esso le qualità, gli atteggiamenti mentali, l’interiorità degli altri. Ciascuno pensa di conoscersi abbastanza e pensa che certe cose non le farebbe mai. Ma non è sempre facile giudicare né prevedere.