"I gioielli indiscreti" di Diderot

"I gioielli indiscreti" di Diderot
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Diderot nacque a Langres nel 1713. Figlio di un agiato coltellinaio fu mandato a studiare nel collegio dei gesuiti a Langres. Successivamente frequentò l’università di Parigi, dove intraprese gli studi di diritto, che però non portò mai a termine. Fu amico di Rousseau, D'Alembert, Condillac e Voltaire. Fu uno scrittore pungente e versatile oltre ad essere un filosofo illuminista. Scrisse i romanzi realisti “La monaca” e “Giacomo il fatalista”. Le idee esposte nei suoi scritti in un’occasione gli costarono anche la galera. Infatti per la pubblicazione della “Lettera sui ciechi” venne imprigionato per alcuni mesi. La sua vita familiare fu caratterizzata dalla relazione burrascosa con la moglie Antoinette e dai dissidi con i fratelli. Diderot curò anche “L’enciclopedia” (Dizionario ragionato delle scienze delle arti e dei mestieri), un’opera che comprendeva tutto lo scibile umano del tempo. Per tutta la sua vita professò i principi dell’illuminismo (il coraggio della ragione, la tolleranza, la laicità, la libertà, la tutela dei diritti individuali, dei diritti di coscienza, dei diritti di cultura). Come tutti gli illuministi desiderò la vittoria dell’innovazione sulla tradizione, la sconfitta della retorica della ragion di stato assolutista e dei dogmi religiosi, l’avvento di riforme che attuassero dei mutamenti sociali, lo sradicamento della superstizione, la trasformazione dei sudditi in cittadini. Ma anche questo re-filosofo sapeva che la natura umana è custode di segreti inconfessabili, di cui non è possibile venire a conoscenza. Da fonti ufficiali sembra che Diderot scrisse “I gioielli indiscreti” per vincere una scommessa con la sua amante. Però nessuno saprà mai  il motivo profondo che lo indusse a scrivere questa operetta licenziosa, in cui il sultano del Congo Mangogul per divertirsi alle spalle delle donne del suo regno evoca il suo genio protettore Cucufa. Il sultano vuole sapere tutte le avventure che hanno avuto e che hanno le donne della sua corte. Cucufa gli dona un anello magico, che fa parlare i sessi femminili e rende invisibile colui che lo porta. L’anello fa confessare ai sessi femminili tutti gli amori e amorazzi. Un ciarlatano riesce anche a creare delle museruole perché i sessi delle donne (i gioielli) tacciano, quando il sultano rivolge verso di loro l’anello. Però in seguito scoprono che questo stratagemma per quanto efficace rischia di far soffocare le donne. Allora le donne gettano le museruole e talvolta vengono sopraffatte dai vapori. Il sultano è così deluso dalle rivelazioni dei gioielli che ormai dispera riguardo alla virtù delle donne di tutto il Congo. Ormai crede che non esista più la delicatezza dei sentimenti e che forse non è mai esistita: forse è solo un’invenzione dei romanzieri. Alla fine il sultano rivolgerà l’anello anche verso la sua preferita, ma il suo gioiello rivelerà che questa è sempre stata fedele. Diderot in vecchiaia giudicò questa sua opera “una sciocchezza”. Eppure questo libro diverte e allo stesso tempo fa riflettere. Anche la ragione di un genio come Diderot dovette abdicare nei riguardi dei misteri delle donne.

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