Catcalling: come NON sottovalutare lo street harassment e le sue vittime

Catcalling: come NON sottovalutare lo street harassment e le sue vittime
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Bisogna partire dall’etimologia di questa parola (che, a partire dal 2013, è diventata sinonimo di un fenomeno svilente nei confronti delle donne) per cercare di comprendere appieno il fenomeno che si andrà ad analizzare.

Da quanto si può leggere sull’Accademia della Crusca, il termine risale agli anni ’80 del Settecento, col significato di “grido, lamento” o “lamentoso”. Il termine deriva dal verbo inglese to catcall, che, a partire dalla seconda metà del Settecento, veniva usato per indicare l’atto di fischiare gli artisti sgraditi a teatro. Un gesto di derisione e di disapprovazione, quindi. A ben vedere non è poi tanto diverso dal significato che ha oggi, ovvero: “complimenti non richiesti, commenti volgari indirizzati al corpo della vittima o al suo atteggiamento, fischi e strombazzate dall’auto, domande invadenti, offese e perfino insulti veri e propri”. Tutto questo indirizzato prevalentemente alle donne.

Di questo fenomeno si sta molto parlando negli ultimi giorni a causa di un video – subito diventato virale – di Aurora Ramazzotti, in cui racconta la sua esperienza in quanto vittima di catcalling. La giovane donna – parafrasando le sue parole – afferma con disgusto di non poter indossare una gonna un po’ più corta o di non poter togliere la giacca se va a correre, perché subito le arrivano fischietti e sguardi languidi dagli uomini che incontra per strada. Da questi video si sono subito scatenati commenti a riguardo. Commenti di conforto e di solidarietà, ma – purtroppo – anche di disprezzo: la Ramazzotti è stata definita esagerata e, addirittura, non abbastanza bella per ricevere i “complimenti da strada”.

Nel 2021 pare assurdo trovare ancora mentalità tanto chiuse e bigotte, quasi come se fosse un onore, o quantomeno nulla di così grave, farsi fischiare e richiamare da qualche uomo per strada. A questo proposito, sui social, è diventato virale il video in cui "Er Faina" ha affermato – in risposta alla denuncia della Ramazzotti – con una certa superbia e leggerezza che “tanto sono solo un paio di fischi, mica le mandiamo a quel paese”. Il problema di questi ragionamenti è che non si prende in considerazione il fatto che, spesso e volentieri, questi “complimenti” non siano per nulla voluti, specialmente se provengono da estranei che trovano divertente fischiare ad una donna per strada e lanciarle sguardi maliziosi.

L’arroganza, per le vittime di catcalling, sta proprio qui: nell’essere convinti che ad una donna faccia piacere sentirsi molestare in questo modo per strada, da perfetti sconosciuti di tutte le età. Non è piacevole, per loro, cercare le strade giuste dove evitare certi incontri; camminare a passo svelto e a testa bassa nella speranza di non sentirsi fischiare, chiamare, o peggio. Non è per nulla piacevole avere timore di attraversare una strada trafficata per i suddetti motivi. Ma ciò che, forse, è ancor peggio è che anche da parte delle stesse donne c’è questa sorta di derisione nei confronti di altre donne che hanno subìto catcalling e ne sono terrorizzate. Sembrerebbe quasi un vanto, quindi, ricevere dei complimenti da perfetti estranei e, addirittura, se una ragazza non è “abbastanza bella” non ne è meritevole.

Da queste stesse persone, poi, si leva un grido esasperato e indignato: “ma allora oggigiorno non si può dire più nulla”, quasi come se fosse una vergogna non poter esprimere pareri non richiesti su altre persone o, addirittura, una limitazione della propria libertà d’espressione. Bisognerebbe, però, ricordare che offendere, sminuire, svilire, fischiare e lanciare occhiate languide e maliziose non fa parte della libertà d’espressione, soprattutto qualora non venga chiesto un parere altrui. Si aggiunge, a questo punto, oltre al dolore e al terrore vero e proprio della “molestia stradale” in sé, anche la derisione da parte delle altre persone – uomini e donne – qualora si trovi il coraggio di parlarne e di sfogarsi.

Questo è successo ad Aurora Ramazzotti che, ovunque, ha ricevuto insulti di ogni tipo; ma questo è anche ciò che succede a tantissime altre ragazze, italiane e non, che non trovano il coraggio di denunciare l’accaduto, perché vivono col timore di non essere prese sul serio, di essere derise e definite esagerate. Ma, soprattutto, hanno il timore e la consapevolezza di non essere tutelate abbastanza da un tipo di molestia che è tanto dolorosa e deleteria quanto qualsiasi altro tipo di molestia.

Sarebbe opportuno, allora, educare le persone, uomini e donne, alla gentilezza, alla discrezione e al rispetto altrui, ma soprattutto sarebbe opportuno e fondamentale far capire che il catcalling è una molestia come tutte le altre e, in quanto tale, non va sottovalutata, né presa alla leggera. Le vittime di catcalling hanno tanto bisogno di protezione, tutela e rispetto quanto le vittime di qualsiasi altro tipo di molestia.

Anna Illiano

Fonte: www.accademiadellacrusca.it

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