Autori emergenti e web...

Autori emergenti e web...
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Non voglio assolutamente scrivere un pamphlet contro la comunità letteraria, che tra l’altro non si sa bene dove inizi e dove finisca (e per tale motivo non sappiamo nemmeno quanti siano effettivamente coloro che possano considerarsi a tutti gli effetti dei letterati e dei poeti). Il giorno dopo l'omicidio di Pasolini Moravia dichiarava: "abbiamo perso prima di tutto un poeta, e di poeti non ce ne sono tantissimi nel mondo…ne nascono tre o quattro soltanto dentro un secolo; quando sarà finito questo secolo Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno, come poeta. Il poeta dovrebbe essere sacro!”. Benedetto Croce invece scriveva: "fino a diciott’anni tutti scriviamo poesie. Da quell’età in poi sono due le categorie di persone che continuano a scrivere, i poeti e i cretini”. Le parole di Moravia e Croce dovrebbero essere ricordate più spesso dai poeti. Aggiungo io che l'essere considerati poeti oggi comporta onori ed oneri, può dare delle soddisfazioni culturali ma non permette di mangiare e tutti abbiamo bisogno di fare colazione ed avere due pasti al giorno. Onde evitare polemiche io non mi sono mai considerato e non mi considero un poeta. Sono solo uno che scrive ogni tanto e che conosce un minimo l'ambiente letterario: quel tanto che basta per mettere in guardia gli ingenui da inganni, illusioni e false promesse. Sono una vastità gli emergenti, coloro che sgomitano per avere un posto nelle patrie lettere. Talvolta l'emergente pensa di essere nella stessa identica situazione dell'agrimensore di Kafka al cospetto delle leggi, che governano il Castello: non sa come districarsi tra agenti letterari, corsi di scrittura creativa, tipografie che si spacciano per case editrici, librerie che mettono in catalogo e non negli scaffali i libri di autori non popolari. E' strano il mercato editoriale: vengono vendute centinaia di migliaia di copie di opere di comici, calciatori, pornostar. Allo stesso tempo però autori di qualità sono costretti a fare altri lavori perché non riescono a tirare avanti con la sola scrittura. Esistono diversi modi per emergere: vincere premi letterari, essere “antologizzati”, pubblicare su riviste letterarie, ottenere consensi critici, pubblicare libri, cercare giornalisti che scrivano una recensione sul volume appena dato alle stampe. Ogni anno spuntano come funghi premi letterari e certamen improvvisati. Il problema è che i premi letterari importanti non sono moltissimi. La maggior parte dei premi non offre alcuna visibilità ai vincitori e ai menzionati ed ha il fine precipuo di promuovere l’associazione culturale o la casa editrice, che lo ha istituito.  Se in prosa vige la legge delle tre S (sesso, sangue e soldi), nei premi letterari bisogna puntare su un’altra S (quella del sentimentalismo). Prendete quindi i vostri versi riposti nel cassetto ed aggiungeteci qualche espressione melensa e stucchevole, anche se il risultato potrebbe essere più da canzonetta del festival di Sanremo che poetico. Non scacciate le rime. Non cercate una parvenza di dignità letteraria: non è minimamente richiesta. Le vostre bagatelle e i vostri confiteor potranno così essere premiati da una giuria di tromboni. Insomma dovete applicare l’antica arte della dissimulazione onesta. A scanso di equivoci Torquato Accetto definì la dissimulazione come “un’industria di non far vedere le cose come sono. Si simula quello che non è, si dissimula quello che è”. Descrivere le dissonanze e il materiale spurio dell’inconscio, ricercare l’esattezza della parola sono vivamente sconsigliati. Evitate a tutti i costi l’ironia. Potrebbe nuocervi. Se volete potete anche trattare argomenti sociali e questioni di attualità, naturalmente sempre ricordandovi dell’egemonia culturale e di tutti i suoi feticci e culturemi. Non trattate della recessione economica che ci travolgerà. Potrebbe annoiare. Magari qualche allusione a questa globalizzazione delle merci, ma non dei diritti. Naturalmente senza catastrofismo. Ancora oggi esistono i propagandisti del mercato e quelli dello stato. C’è chi sostiene la neutralità dello mercato e chi quella dello stato. In realtà non esiste neutralità in nessun ambito.  Comunque non trattate questi argomenti. Potrebbe nuocervi. Non trattate nemmeno di argomenti scabrosi. Se volete essere dei buoni concorsisti naturalmente dovete partecipare a molti premi: una trentina l'anno. Non so se vi conviene pagare una quota consistente di denaro per partecipare a questi concorsi oppure andare a cena con gli amici. Infatti c’è un piccolo problema: questi signori della giuria non organizzano disinteressatamente premi letterari, ma chiedono ovviamente 10-15 euro in media per la partecipazione. Dovete infatti sapere che i costi di gestione di questi premi sono elevati. La lettura delle opere costa lavoro e fatica. Anche le targhette del resto hanno i loro costi. Le cene della giuria al ristorante poi costano ancora di più. Affermando ciò non voglio assolutamente far passare il messaggio che tutti coloro che vincono premi di poesia non valgono alcunché. Esistono a mio avviso dei vincitori di premi letterari degni di ogni stima e rispetto, che però per emergere sono costretti a sottostare a questo andazzo (loro malgrado). Anche la pubblicazione di un volume di poesia di un autore non affermato è un problema. L’editore sa che la maggior parte delle copie di quel libro finirà al macero ed allora chiede dei soldi all’autore, che quindi pubblicherà a proprie spese. La situazione editoriale è desolante da questo punto di vista: le grandi case editrici pubblicano solo poeti affermati e quasi tutti gli altri sono destinati a pagare la pubblicazione. Comunque di solito chi pubblica un libro di poesia, di memorie o in generale d’arte lo fa per ottenere una maggiore considerazione nella cerchia delle proprie amicizie e/o nella comunità in cui vive. Il narcisismo e la vanagloria in questo senso predominano su una vera ed autentica esigenza di comunicazione. L’apoteosi per questo genere di persone è riuscire ad avere un trafiletto nella cronaca del proprio paesello, in cui un cronista elogia con bonaria indulgenza ed una certa faciloneria il libro senza averlo nemmeno letto. Chi oggi vuole veramente comunicare, anche senza trarne alcun profitto né accrescimento di stima da parte di amici ed amici degli amici, può tranquillamente farsi un sito personale o un blog sotto hosting gratuito. Gutenberg ha fatto il suo tempo. Oggi l’attività di publishing si fa sul web, in cui ormai sono presenti movimenti letterari e autori di ogni risma. Le teorie letterarie al momento snobbano questa nuova realtà perché non sono ancora riuscite nella dissezione totale di ciò che sta accadendo in internet. Sul web si trova di tutto: contaminazione dei generi, impegno civile, rivoluzionarismo, pluristilismo, enciclopedismo, sperimentazione, fusione di alto e basso, ripensamento dei canoni estetici tradizionali. Sul web si trova qualunque genere e sottogenere, qualsiasi tipo di sperimentazione, qualsiasi forma espressiva. Si trovano cannibali, autori cyberpunk, postjoyciani, intellettuali organici. Nei siti si trova di tutto intimismo, salingerismo, trash e pulp. Siamo all'apice dell'informatica umanistica e spesso molti blog e siti non fanno parte né della letteratura di massa né della letteratura alta: sono semplice intrattenimento. Nel web nascono e muoiono ogni giorno decine di siti letterari o aspiranti tali. Alcuni potranno vedere in internet il caos primordiale, ma la vita stessa è magmatica, provvisoria, imprevedibile. La stessa esistenza talvolta è inaudita e ci rende increduli. Nel web è tutto possibile: ognuno può espellere il suo scolice e lo stesso silicio può tramutarsi in cilicio. Però in fin dei conti è un nuovo strumento di espressione in quest'epoca in cui "l'homo videns" prevale sull' "uomo tipografico" e non solo la lingua, ma anche la parola è disgregata. Forse per questo molti autori, presenti nel web, rimangono in bilico tra l'autocompatimento e l'autocompiacimento. Ma forse non è lo stesso tipo di nevrosi, che si può rintracciare negli autori di successo, costretti ad essere opinionisti, enterteiner o giullari in televisione? Questo atteggiamento esistenziale è presente solo in chi vive nell'understatement? Oppure anche in chi vive nell'habitat dei varietà e dei salotti televisivi? Un autore forse in televisione non rischia di essere kitsch? Naturalmente il comune denominatore di tutto ciò che si trova del web è la ricerca ossessiva di originalità degli autori (ma forse tutto è riscrittura, non c’è niente di nuovo sotto il sole ed anche le avanguardie sono tramontate), che si scontra sempre con la pretesa di oggettività dei critici, che non riescono più a stabilire una netta linea di demarcazione tra letterario ed extraletterario. Da questo punto di vista sono molto più rassicuranti i prodotti, il marketing e l’editing dell’industria culturale, che i critici militanti sanno come attaccare, riprendendo il pensiero di Brecht, Benjamin e Gramsci. Non solo ma utilizzare Internet è il modo più rapido e tutto sommato più economico per interagire con i componenti della comunità letteraria o quantomeno con appassionati di letteratura. Una cosa da evitare: cercate di sottrarvi ai battibecchi tra membri della comunità letteraria. Le persone tendenziose, faziose, avverse, attaccabrighe esistono in ogni ambito. Anche in quello della poesia. Ricatti, compromessi, raccomandazioni, facilitazioni esistono anche nel campo della poesia. Evitate litigi. Diffidate di chi vi mette tra i geni e di chi vi mette tra i poveretti. Molto probabilmente non sarete Montale, ma nemmeno coloro che giudicheranno le vostre opere saranno dei Benedetto Croce. Evitate nuove batracomiomachie.

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