Quest’ultimo anno ha messo tutti alla prova: chi ha perso il proprio lavoro; chi si trova costretto a chiudere per mesi interi senza sapere se e quando riprenderà la propria attività; chi non vede una luce in fondo a questo tunnel buio. Ma, oltre ai commercianti, oltre ai lavoratori, c’è anche un’altra classe di popolazione che sta soffrendo e si vede sconsolata: i giovani. Costretti da più di un anno a seguire le lezioni scolastiche e universitarie tramite un computer, senza poter interagire face to face con i loro compagni di classe o di corso, senza sapere cosa li aspetta e quando ritorneranno in classe, gli studenti, ad un anno dall’inizio di questa tortura, si vedono sempre più demotivati e senza stimoli.
Studiare dietro un computer, a dispetto di quanto si possa pensare, non è semplice, né piacevole. Non si tratta di un capriccio di giovani a cui non fa piacere passare del tempo a casa. Si tratta di una vera e propria esigenza che viene loro tolta; si tratta di una mancanza che, a distanza di giorni e di mesi, viene percepita come una vera e propria sofferenza. Si tratta dell’impossibilità di vivere appieno l’esperienza scolastica e universitaria. Questo li porta a sentirsi tagliati fuori, isolati, sconsolati, arrabbiati, perché dopo un anno la situazione è diventata insostenibile. I giovani che sono preda di attacchi d’ansia aumentano, così come aumentano le richieste d’aiuto, chiamando in causa le figure degli psicologi le cui assunzioni, soprattutto negli istituti superiori, sono aumentate in questo periodo pandemico.
Proprio l’Ordine degli Psicologi lancia un segnale d’allarme: i giovani devono tornare in aula, i bambini devono essere spronati e incoraggiati dai genitori. Questa fetta di popolazione non deve essere lasciata a sé stessa! È soprattutto verso i bambini delle scuole elementari che si nutrono le preoccupazioni maggiori: secondo gli psicologi, l’esperienza della collettività per i bambini dai 6 ai 9 anni è tanto importante e formativa quanto l’esperienza scolastica in sé. Ai genitori, allora, va l’appello di non far pesare ai propri piccoli questa situazione spiacevole in cui tutti sono costretti a vivere. Basti pensare a loro come a delle spugne: se i genitori si mostrano preoccupati, tristi e in ansia, allora i bambini assorbiranno queste emozioni, ottenendo un risultato deleterio per la loro crescita personale.
È pur vero, però, che per molti genitori questa situazione è diventata ingestibile, estenuante: non sanno più che carte giocare per non far pesare la situazione ai propri figli.
«Sono perennemente stanca,» afferma una giovane madre di Pordenone, che segue quotidianamente il figlio di sei anni in DaD. «Lui è un bambino, diventa sempre più difficile gestirlo. Ha bisogno di socializzare con i suoi amichetti.»
Come lei, migliaia di altri genitori si trovano nella stessa scomoda posizione e alcuni si trovano persino combattuti tra due fuochi: da un lato vorrebbero che i loro figli tornassero tra i banchi di scuola con i propri amici, dall’altro il rischio che possano essere catturati dal virus che è l’artefice di tutti questi malesseri, li terrorizza. Così aumentano le manifestazioni di genitori stanchi, che vorrebbero migliori – e maggiori – controlli dentro e fuori le mura scolastiche, affinché i loro figli possano tornare a studiare come un tempo, senza correre rischi.
Nell’indecisione generale e nell’incapacità di trovare misure adatte e sufficienti che possano migliorare questa spiacevole situazione, intanto bambini e ragazzi mostrano sempre meno interesse, sono sempre più apatici e aiutarli a restare positivi diventa sempre più un compito arduo e complicato. Il fatto, poi, che ci siano alcuni loro coetanei che si mostrano indifferenti e si comportano quasi come se il Covid fosse tutta una montatura, creando assembramenti e chiudendo entrambi gli occhi ai decreti e alle norme, li rende oltremodo arrabbiati. Sui social si diffondono sempre di più messaggi di rabbia e di rancore nei confronti di chi, indifferente, non fa altro che rendere a tutti la vita difficile.
A causa degli ultimi avvenimenti – specialmente a Napoli e Milano – di assembramenti e luoghi d’incontro affollati, parte della popolazione si è accanita contro i giovani e contro la loro “falsa disperazione” vista solo come una scusa per uscire e fare baldoria.
La verità è ben altra e si cela dietro casi di menefreghismo che sembrano rappresentare la maggioranza dei giovani, ma non è così: questi non sono altro che la buccia che nasconde il cuore pulsante di una fetta di popolazione sofferente e al limite della sopportazione.
Anna Illiano