Provocazione bella e buona sul paese e la grande città...

Contro il paese:

Iniziamo da qui: molti vorrebbero essere scrittori. Ma per essere uno scrittore che tira a campare discretamente e che quindi vende migliaia di copie è necessario avere delle trame interessanti. È necessario avere delle storie da raccontare. È molto difficile inventare delle storie di sana pianta perché potrebbero sembrare subito al primo colpo d'occhio delle storie artefatte. Di solito gli scrittori sono ispirati dalla realtà. La grande città è molto più ricca di storie. La provincia è più avara. Le storie sono sempre quelle. La provincia è molto più asfittica. Il genere umano sembra più vario nella grande città o almeno sembrano esserci molte più tipologie umane. Se penso al paese mi viene subito in mente di primo acchito allo scemo del villaggio e al genio come scrive Aldo Busi in "Seminario sulla gioventù". Ma spesso la provincia falsa la realtà, la mistifica a suo piacimento. Talvolta lo scemo del villaggio non è davvero tale. È solo un calunniato perché contrariamente a quello che si pensa la voce del popolo non è voce di Dio. Al contrario anche il cosiddetto genio del paese spesso non è tale. È solo uno che è stato sopravvalutato e che è stato esaltato troppo. Di solito il paese è il regno della mediocrità. I mediocri e i meschini controllano socialmente e psichicamente tutti gli altri con il pettegolezzo. Secondo Gabriel García Marquez ogni essere umano ha tre vite: una pubblica, una privata ed una segreta. In provincia tutti credono di sapere tutte e tre le vite dei loro compaesani. Ma sapere quante volte va in bagno il proprio vicino di casa non necessariamente significa sapere qualcosa di veramente significativo della sua esistenza. Comunque anche quando non sanno lo inventano, lo presumono, lo suppongono, lo deducono secondo una logica troppo lineare (e la vita non è mai così lineare). Nei paesi chi è originale, si discosta dalla norma per vari motivi ed è diverso si trova relegato ai margini e fatica a trovare un proprio spazio ed una propria dimensione. In provincia la mentalità è chiusa: oserei dire retrograda e bigotta. Il provinciale tipico è quello che passa delle ore a giocare a carte al bar, spettegola, diffama (strafottendosene di ogni legge perché la può fare franca). Molto spesso non legge libri. La lettura più impegnativa che può fare è il quotidiano che trova per l'appunto al bar dello sport. Io non sono certo colto ma nei paesi italici regna incontrastata l'ignoranza. Ci sono ma sono molto rari anche i provinciali che odiano questo stato di cose ed allora si chiudono in casa nel loro tempo libero, si ritirano per quanto possibile dalla vita sociale e passano il loro tempo libero ad acculturarsi. Però si isolano, vengono emarginati, evitati come se avessero la peste e per questi motivi sono una rarità. I provinciali comuni sono sicuri del fatto loro, si sentono protagonisti; sono convinti di avere sempre ragione perché anche nel loro paesino la pensano nel loro identico modo e si scordano che il mondo è molto più grande del loro paesino. Sono ostinatissimi e restano arroccati in difesa. Sono molto chiusi e non abbandonano mai le loro convinzioni. In giovanissima età bisogna fidanzarsi altrimenti si è degli sfigati, dei falliti.  Uno dei guai maggiori della provincia è il provincialismo, ovvero la limitatezza di vedute e la ristrettezza mentale. Non solo ma in paese vige la noia. Molto spesso non accade mai niente. La realtà sembra immutabile. Il tempo scorre a rilento.  Ormai viviamo in un mondo globale dove sempre più le persone circolano liberamente come la merce. Ma i provinciali, intesi nel senso più comune del termine, sembrano esserselo dimenticato. In città inoltre ci sono molti più stimoli sensoriali, sociali, culturali, erotici. Non parliamo poi di vita notturna per i giovani. I paesi sono tutti un mortorio ad una certa ora. Alcuni provinciali però non se la sentono di fare il grande salto e trasferirsi. Di solito è per pigrizia. Oppure perché i propri famigliari non vogliono.






Contro la grande città:

In grandi città come Milano ci sono i funerali di 10 persone. Non c'è il calore umano delle cittadine e dei piccoli paesi. Non c'è alcuna solidarietà tra le persone. C'è meno umanità. Nessuno conosce nessuno. Tutti si fanno i fatti loro. Nessuno si cura di nessuno. C'è una grande indifferenza in città. Nessuno soccorre nessuno. Se qualcuno è accasciato al suolo pochi lo notano, tanti hanno paura di immischiarsi; sono delle mosche bianche coloro che chiamano una ambulanza. C'è quella che i sociologi chiamano anomia, ovvero il cosiddetto disordine morale. Nelle grandi città ci sono più luoghi di perdizione ed esistono molte più probabilità di peccare. Le grandi città sono capitali del vizio. Alcuni provinciali appena arrivati in una grande metropoli peccano in una sera più di quello che hanno peccato in anni di paese. La grande città corrompe di solito. Bisogna avere molta fermezza, molta determinazione o semplicemente essere in su con gli anni per non farsi corrompere da essa. Non parliamo poi del traffico che c'è. Non parliamo delle ore perse inscatolati nelle auto oppure di tutti coloro che abitano vicino alla circonvallazione e non riescono a dormire dal rumore. Non parliamo della movida, del disturbo alla quiete pubblica, delle notti insonni dei residenti. Non parliamo degli eccessi dei giovani nelle grandi città. Nelle grandi città ci sono zone degradate, in cui regnano la microcriminalità e la criminalità. Ad una certa ora scatta il coprifuoco. Nelle grandi città si verificano molti stupri e molte rapine. La droga si trova più facilmente e molti giovani sono a rischio. Se è vero che nei paesi spettegolano, qui spacciano, rubano, violentano. I furti nei negozi sono all'ordine del giorno. Nelle grandi città arrivano subito le mode. Seguire ciò che fa tendenza è un imperativo. Così molti a forza di seguire le mode diventano dei camaleonti e alla fine non sanno più chi sono. Ci sono alcuni milanesi e romani rozzi ed ignoranti che se la tirano moltissimo perché sono nati in una grande città. Alcuni giovani sono dei sottoprodotti del caos della metropoli. Sono sempre in giro a divertirsi, a venti anni si credono uomini vissuti come se ne avessero quaranta. In realtà conoscono la loro tribù, il loro quartiere, le sottoculture e le tendenze della metropoli. Non leggono, non si acculturano, pensano che il mondo finisca con le comitive che frequentano. Sono giovani che vivono solo di svaghi, abituati agli eccessi. Talvolta il sano campanilismo sfocia nel razzismo. Talvolta si inizia con gli sfottò e si finisce con l'emarginare una persona. Nelle grandi città c'è più violenza e più razzismo. Ci sono molti atti di omofobia, di razzismo. Ci sono accoltellamenti tra bande, regolamenti di conti, risse tra giovani, tra estremisti politici. Nelle grandi città le case costano moltissimo al metro quadro. Bisogna avere molti soldi per avere un giardino. La stragrande maggioranza vive in appartamenti piccoli. Gli animali domestici ne soffrono molto. Le grandi città sono più costose. Andare in pizzeria o al ristorante è più caro. Gli affitti sono più cari. I parcheggi non si trovano e i pochi che si trovano sono tutti a pagamento. La grande città è più caotica e la vita è più frenetica. Gli autobus, i tram, la metro sono sempre affollati. Nelle ore di punta i maniaci palpeggiano e molestano le donne. C'è molto più smog, molto più inquinamento. Le persone in media vivono di meno per questo motivo. La grande città è feroce. Ti opprime. Ti dà un forte senso di solitudine, di inappartenenza. Ti soffoca alla gola. Sei solo tra la folla. Sei un essere anonimo. Molti giovani vorrebbero distinguersi, ma i tatuaggi non bastano. Vorrebbero svoltare, vorrebbero diventare qualcuno, diventare famosi. La grande città porta alla rivalsa, alla affermazione a tutti i costi di sé. È così facile sentirsi soli e  falliti in una grande città.