La cultura dello stupro: il caso Grillo

La cultura dello stupro: il caso Grillo
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Negli ultimi giorni è esplosa, sui social e sui giornali, una grossa polemica nata a partire da un video di Beppe Grillo, in cui il sottoscritto difende il figlio Ciro, coinvolto a partire dal 2019 in diverse indagini riguardo uno stupro di gruppo, che sarebbe stato commesso da Grillo Jr e da un gruppetto di amici ai danni di una ragazza, mentre si trovavano in vacanza. In questo video, Beppe Grillo porta avanti delle tesi e delle argomentazioni in difesa del figlio dalla dubbia natura morale e culturale, sostenendo a spada tratta che non si tratta di stupro se la ragazza si decide a denunciare l'accaduto diversi giorni dopo e aggiungendo, tra l'altro, che si trattava di un gioco stupido tra ragazzini senza cervello. Quasi come se questa bastasse come giustificazione. Da qui si è scatenata un'enorme polemica contro l'amoralità e la misoginia che vengono fuori dalle parole di Grillo, introducendo il concetto di cultura dello stupro.

Cos'è, innanzitutto, la cultura dello stupro? Su Wikipedia si legge:

Il termine è usato a partire dagli studi di genere, dalla letteratura femminista e postmoderna, per analizzare e descrivere una cultura nella quale lo stupro e altre forme di violenza sessuale sono comuni e in cui gli atteggiamenti prevalenti, le norme, le pratiche e gli atteggiamenti dei media normalizzano, minimizzano, o incoraggiano lo stupro e altre violenze sulle donne.

In sostanza, la rape culture è una cultura nata a partire da un sistema prettamente patriarcale che consente o giustifica lo stupro ai danni di una donna, utilizzando motivazioni tanto agghiaccianti quanto insensate: "la donna era consenziente"; "ha denunciato troppo tardi, quindi non era vero e proprio stupro"; "boys will be boys", quasi come se fosse normale e nella natura dell'uomo non resistere alla tentazione di assalire una donna e stuprarla e, soprattutto, quasi come se fosse la donna ad essere l'accusata, piuttosto che la vittima.

Queste motivazioni sono le stesse utilizzate da Grillo durante il suo video compromettente.

«Vi siete resi conto che non è vero niente, che non c'è stato lo stupro. [...] Perché una persona che viene stuprata la mattina, al pomeriggio va in kitesurf, e dopo otto giorni fa una denuncia, vi è sembrato strano. È strano!»

Grillo Senior, dunque, sostiene che, affinché uno stupro sia davvero avvenuto, la vittima in questione avrebbe dovuto denunciare subito e non dopo tutto quel tempo. Ma funziona davvero così? Quello che Grillo dà per scontato a causa della sua mentalità profondamente radicata nella rape culture è che la maggior parte delle donne non ne parla o, qualora ne parli, lo fa dopo un certo periodo di tempo, per diversi motivi, tra cui la mancanza di sicurezza e il timore di non essere credute dalle autorità, proprio come sta succedendo ora alla ragazza in questione.

Queste affermazioni sono tutt'altro che ipotesi "campate in aria", anzi. Un riscontro concreto lo si può trovare sul sito Istat, dove sono riportati diversi grafici e tabelle che – in percentuale – provano la gravità della situazione in materia di stupri oggigiorno e, soprattutto, la difficoltà che hanno le donne nel parlarne e nel denunciare. Secondo l'Istat, infatti:

La violenza di genere è un fenomeno ancora sommerso, è elevata, infatti, la quota di donne che non parlano con nessuno della violenza subita (il 28,1% nel caso di violenze da partner, il 25,5% per quelle da non partner), di chi non denuncia (i tassi di denuncia riguardano il 12,2% delle violenza da partner e il 6% di quelle da non partner), di chi non cerca aiuto; ancora poche sono, infatti, le donne che si rivolgono ad un centro antiviolenza o in generale un servizio specializzato (rispettivamente il 3,7% nel caso di violenza nella coppia e l’1% per quelle al di fuori).

Denunciare, quindi, è un provvedimento che riguarda una percentuale molto bassa di donne vittime di violenze e abusi sessuali. Questo dato si rafforza, poi, se si va ad analizzare il tipo di violenza subita. Sempre secondo l'Istat, infatti, più la violenza è grave, più viene considerata un reato e, di conseguenza, viene più denunciata, fatta eccezione per le violenze subite da persone estranee, che vengono denunciate in misura molto minore per i suddetti motivi, ma non solo.

Infine, l'Istat riporta un dato davvero interessante:

Le donne non denunciano perché hanno imparato a gestire la situazione da sole (39,6% per le violenze da partner e 39,5% da non partner) o perché il fatto non era grave (rispettivamente 31,6% e 42,4%), ma anche per paura (10,1% e 5,0%), per il timore di non essere credute, la vergogna e l’imbarazzo (7,1% e 7,0%), per sfiducia nelle forze dell’ordine (5,9 e 8,0%) e nel caso della violenza nella coppia perché amavano il partner e non volevano che venisse arrestato (13,8%).

Risulta comune tra i motivi di mancata denuncia dell'atto, a quanto pare, l'aver paura di non essere credute, il provare timore, vergogna e imbarazzo e, soprattutto, nutrire un sentimento di sfiducia nei confronti delle autorità. Dati, questi, totalmente pubblici e alla mercé di chiunque voglia farsi un quadro generale della situazione italiana sulla violenza ai danni delle donne, ma che tuttavia sono sfuggiti a Grillo, che ha preferito dar prova della sua mentalità retrograda e patriarcale, difendendo il figlio e i suoi amici e definendoli "un gruppo che ride, ragazzi di 19 anni che si stanno divertendo, che sono in mutande e saltellano col pisello così perché sono quattro coglioni, non quattro stupratori". Becera e dilagante cultura dello stupro, quindi, che tende a giustificare un comportamento sbagliato e perseguibile con delle motivazioni totalmente disumane e inaccettabili, ma che secondo Grillo sono la prova inconfutabile dell'innocenza del figlio e degli amici.

Questi eventi, purtroppo, fanno capire quanto, in Italia, la campagna di sensibilizzazione in materia di stupro e violenza di genere sia ancora estremamente arretrata e poco presa sul serio dalle stesse autorità politiche che, prime fra tutte, dovrebbero garantire aiuto e supporto alle vittime di stupro, di violenza e di abusi, oltre ad incentivarle a denunciare, aumentando la competenza delle forze dell'ordine nel gestire tali situazioni e nel far sentire le vittime tutelate.

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