Dott.re Carlo D'Angelo Pscicolo e Psicoterapeuta : "fuori gli psicologi dalla scuola? Una provocazione necessaria"

Dottore Carlo D'Angelo : "Fuori gli psicologi dalla scuola? Una provocazione necessaria, siamo davvero sicuri che lo psicologo scolastico sia una risorsa, o rischia di diventare un’altra forma di medicalizzazione del disagio educativo e relazionale?"

Negli ultimi anni stiamo assistendo a un fenomeno preoccupante: una sorta di epidemia diagnostica in età evolutiva, accompagnata da un ingresso massivo della psicologia nella scuola, spesso presentata come soluzione a tutti i problemi relazionali, comportamentali e di apprendimento.

Ma qui occorre fermarsi. E pensare!

La scuola non è un luogo clinico
La scuola è contesto educativo, non ambulatorio.
È spazio di apprendimento, relazione, conflitto, crescita… anche fatica.
L’introduzione dello psicologo nella scuola — come figura strutturale e continuativa — rischia di modificare radicalmente la percezione del bambino o del ragazzo: non più soggetto in formazione, ma potenziale paziente da monitorare. E ogni difficoltà diventa “caso”, “sintomo”, “disturbo”.
Così si genera un clima di fragilità percepita generalizzata: ogni comportamento fuori norma è un segnale clinico.
Ogni disagio è da interpretare come disfunzione.

La psicologizzazione come malattia del nostro tempo

C’è un paradosso in atto: quanto più parliamo di benessere e ascolto, tanto più prolifera la diagnosi e si appiattisce il pensiero educativo.
Stiamo psicologizzando la vita.
E nella scuola questo diventa insostenibile.
• Bambini “timidi”? Ansia sociale.
• Ragazzi distratti? ADHD.
• Preadolescenti chiusi? Disregolazione affettiva.
• Famiglie disfunzionali? Inseriamo l’esperto.
Non si tratta di negare l’esistenza dei disturbi.
Ma di non ridurre tutto a essi, né di colonizzare l’educazione con la clinica.
Lo psicologo scolastico rischia di moltiplicare il disagio.
Non per incompetenza (ci sono ottimi colleghi), ma per ambiguità del ruolo e inappropriatezza del contesto.
– Chi è lo psicologo a scuola?
Un terapeuta?
Un consulente?
Un osservatore?
Un esperto esterno?
– Qual è il suo mandato?
Valutare? Segnalare? Prevenire?
– Come si colloca rispetto al corpo docente?
Supporta? Giudica? Sostituisce? Forma?
L’ambiguità crea tensione tra docenti e tecnici, senso di delega passiva negli educatori,  e soprattutto confusione nei bambini, che iniziano a percepirsi come problematici.

Cosa serve davvero alla scuola?

Serve formazione, non sorveglianza.
Serve pensiero pedagogico, non allarme psicologico.
Serve prevenzione culturale, non moltiplicazione di diagnosi.
Gli psicologi possono entrare non come presenze strutturali, ma come formatori per i docenti, relatori per i genitori, consulenti su progetti specifici. Non devono occupare la scuola, ma passarvi con misura, rispetto e consapevolezza del proprio limite.
Luna provocazione che apre il pensiero

Dire “fuori gli psicologi dalla scuola” non è una dichiarazione di guerra alla psicologia.

È un grido di allarme per salvaguardare l’educazione da derive tecnicistiche,
e per proteggere i bambini dalla riduzione a casi clinici.
Non tutto va trattato.
Molto va ascoltato, accompagnato, atteso.
Forse oggi, più che psicologi a scuola, ci servono maestri con intelligenza emotiva, presidi con pensiero critico, insegnanti con cuore e visione.